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Referendum sulle emissioni

I modelli in arrivo per chi è stanco di inquinare. Le previsioni non lasciano scampo: i veicoli a zero fumo venderanno solo il 2% del totale di quelli ecologici. E la colpa è anche dei comuni. Come insegnano le incredibili storie di Roma e Milano

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Non c’è storia. Nel 2010 il derby sull’eco mobilità sostenibile sarà stravinto dalle auto ibride, che batteranno le Ev (Electric vehicle) 98 a 2. La previsione è stata fatta da chi se ne intende. Secondo J.D. Powers, infatti, autorevole società internazionale di analisi del mercato dell’auto, il totale delle immatricolazioni di auto a basso impatto ambientale sfiorerà il milione di pezzi già nel 2010 per arrivare fino a 3 milioni di auto verdi entro il 2015. Le previsioni parlano di un +29% delle vendite di auto elettriche/ibride che passeranno dalle 732 mila unità del 2009 a circa 940 mila nel 2010, e poi toccheranno quota 3 milioni nel 2015. Gli Stati Uniti, secondo J.D. Power, assorbiranno da soli il 55% del mercato, il 25% sarà appannaggio del Giappone mentre le briciole, cioè il restante 20%, finirà nei garage degli automobilisti europei, asiatici e africani. Tra le due tecnologie quella ibrida assicurerà il 98% delle consegne. Non è un caso che in Giappone il modello più venduto durante i primi sei mesi del 2010 sia stato la Prius, la full hybrid di Toyota: ha un motore benzina che lavora insieme con un elettromotore, ed è ormai giunta alla terza generazione. I concorrenti? La Honda ha lanciato da poco anche in Italia una piccola coupé ibrida, la Cr-Z e la Infiniti, marchio d’élite di Nissan, sta preparando per il 2011 una nuova ammiraglia ibrida, l’M35. «Presto, quando arriverà la CT 200h, tutte le Lexus, la divisione delle auto di lusso Toyota, saranno ibride», assicura Massimo Gargano, a.d. di Toyota e Lexus Italia, «con un notevole risparmio delle emissioni di Co2. Se si percorrono 20 mila chilometri all’anno, con i nostri sistemi ibridi si riesce a emettere una tonnellata di anidride carbonica in meno rispetto a altri veicoli di pari prestazioni». E questo anche se una vettura alimentata con tecnologia ibrida può avere una resa chilometrica inferiore a una equivalente vettura diesel, che, però, ha l’handicap di produrre le pericolose polveri sottili, il particolato, l’ossido di azoto. La Toyota opera ormai su tutti i fronti. Ad esempio: per avere accesso alla tecnologia elettrica evoluta di Tesla, il presidente Akio Toyoda ha acquisito, in maggio, il 10% della società americana per provare il pacchetto batterie agli ioni di litio Tesla su una concept sportiva della Toyota con elettromotore già in avanzata progettazione. Per le auto elettriche il 2010 rappresenta, invece, l’anno zero, l’anno di partenza, perciò il bottino sarà magrissimo: solo 23 mila unità vendute, secondo le previsioni. Il match elettriche-ibride sembra, quindi, senza storia. Ma che cosa succederà nei prossimi anni? Bisogna dire che i veicoli elettrici hanno grandi potenzialità, hanno il record delle emissioni zero (a patto di usare energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili) ma risultano difficili da piazzare sul mercato. «I problemi da risolvere non sono più solo le batterie e l’autonomia. Per la prima volta vendere un’automobile non riguarda più solo il concessionario e il cliente. Con l’auto elettrica si complica tutto, perché diventano almeno tre i protagonisti della trattativa», spiega Jacques Bousquet, presidente di Renault Italia dal 2009. «Accanto al costruttore ci sono i fornitori di energia e gli enti pubblici, a tutti i livelli, dal Comune alla Regione, allo Stato, che dovrebbero facilitare l’installazione e la diffusione sul territorio delle reti di ricarica e magari incentivare le vendite. Una triangolazione che rende le cose un po’ più complicate, più lunghe, che richiede più disponibilità alla trattativa». Specialmente quando superati tutti gli accordi, firmati tutti i documenti, a Milano si scopre che a mettere i bastoni tra le ruote, o meglio, in questo caso, a tagliare i fili, si mettono prima la Soprintendenza alle Belle Arti e poi il settore Arredo del Comune. I tecnici hanno bocciato il colore acciaio con logo azzurro studiato da A2A per le colonnine e hanno chiesto di ripensarli in tono grigio scuro, con inserti gialli oppure blu. Difficoltà che sono state per fortuna definitivamente superate per consentire presto ai milanesi di fare il pieno di energia elettrica in strada. Alla fine la colonnina urbana per le Ev, che mette d’accordo Comune, A2A e Renault Italia, è pronta. «L’intesa», dice il sindaco Letizia Moratti, «prevede la realizzazione di 200 punti di ricarica entro il 2010 a Milano, più altre 70 colonnine a Brescia. Nel contempo Renault fornirà 80 veicoli elettrici (60 a Milano e 20 a Brescia), per attivare un servizio di car-sharing allargato anche al trasporto di merci». Sarà un prezioso esperimento sul campo per Renault, che fornirà il veicolo commerciale Kangoo e la berlina Fluence (che si può prenotare al sito www.renault-ze.com). Un test da cui ricavare dati e fare analisi.Milano a parte, l’auto completamente elettrica deve risol-vere ancora un bel numero di problemi. Prima di tutto i suoi limiti di autonomia e di ricarica, che, anche nel caso di equipaggiamento con le costose batterie al litio, simili a quelle dei telefonini, non la rendono competitiva né con e auto che usano carburanti tradizionali né con le ibride. Di conseguenza il suo uso rimane limitato ai centri storici, o al massimo in una dimensione urbana, dove un’autonomia tra gli 80-140 km può risultare sufficiente per andare avanti e indietro sul percorso casa-ufficio. Ma se succede un inconveniente? Se c’è una lunga coda da affrontare e le batterie si scaricano? Bisogna avere distribuiti sul territorio un buon numero di colonnine di ricarica che siano pubbliche o private. Il problema è che ognuna costa circa mille euro. Neanche molto, a patto che si usi uno standard comune a tutte le auto elettriche. Altrimenti si ripeterà la storia dei telefonini con attacchi diversi per ricaricarli o, peggio ancora, quella dei computer che per anni non hanno dialogato tra di loro perché usavano linguaggi diversi. Un esempio dei problemi che possono dare le stazioni di rifornimento si può già constatare a Roma, dove ce ne sono in servizio una novantina dedicate alle Smart ED. Ma è meglio dire “ce ne dovrebbero essere” una novantina, perché chi ha fatto un test su strada con la Smart Elettrica non ha quasi mai avuto la possibilità di ricaricare perchéveicoli non autorizzati avevano parcheggiato nella piazzola di ricarica. E poi c’è l’annoso problema dei prezzi di vendita, che non mettono certo l’auto elettrica in cima ai desideri di un utente privato. Tra i modelli che arriveranno entro fine 2010, chi, francamente, spenderebbe circa 30 mila euro per acquistare una Peugeot Ion o una Mitsubishi iMiev o una Citroen C-Zero, quasi tre volte la spesa richiesta per una Peugeot 107 a benzina?Nissan Leaf è un po’ più grande, una compatta tipo Fiat Punto Evo o Nissan Note, ma i prezzi fissati in alcuni Paesi europei dove le consegne sono iniziate a giugno, indicano in oltre 27 mila euro la spesa da sostenere per l’acquisto: quanto una Qashqai 4×4 ben accessoriata. E che dire della Smart elettrica? Basta fare due conti per capire che senza incentivi è fuori mercato. Costa un affitto di 480 euro al mese per 48 mesi, in totale 23.040, la stessa cifra che consentirebbe di comprae due Smart tradizionali nuove. I costruttori sanno benissimo che senza aiuti da parte dei governi le auto a zero emissioni non avranno vita facile. L’Europa così si è già divisa tra chi programma interventi su larga scala, chi incentiva e chi cancella tasse. In ogni caso il risparmio medio non supera i 6 mila euro sul prezzo d’acquisto di una Ev in Gran Bretagna, Francia, Spagna, Olanda, Danimarca, Germania, Svezia, Austria, Belgio, Cipro, Grecia. Altri Paesi, come l’Italia, hanno deciso di non fare nulla e lasciare la patata bollente nelle mani delle aziende private e delle amministrazioni locali.Insomma, è chiaro che oggi l’auto elettrica non è ancora un’auto da impiegati ma solo da flotte pubbliche. Meglio forse le Plug-in, cioè le elettriche non a zero emissioni, poiché non rinunciano al motore a benzina. Come funzionano? L’Opel Ampera, o la Chevrolet Volt (stesso modello costruito di qua e di là dell’Atlantico) hanno un pacchetto di batterie che assicura un’autonomia di 60 km, esauriti i quali la macchina non si ferma per strada lasciando guidatore e passeggeri a piedi, ma continua il suo viaggio grazie a un tradizionale piccolo motore a benzina che fornisce energia al motore elettrico per altri 500 km. La Chevrolet Volt sarà disponibile a partire da ottobre nei concessionari di Austin (Texas) e New York. «Abbiamo deciso di commercializzare la Volt in queste due città», spiega Ed Whitacre, amministratore delegato General Motors da inizio 2010, «per le sue caratteristiche di mezzo di trasporto destinato ai pendolari, ma capace anche di compiere tragitti più lunghi». La Volt, che costerà quasi 40 mila dollari, verrà prodotta in 10 mila esemplari nel 2011 e in 30 mila nel 2012. Ma lo stesso Whitacre, impegnato nel difficile compito di salvare Gm, non si è fatto illusioni: ha tranquillamente ammesso che la Volt non produrrà alcun utile.

Previsioni

1 milione le auto verdi vendute nel mondo a fine 2010

3 milioni quelle vendute entro il 2015

98% la quasi totalità saranno auto ibride

Fonte: J.D. Powers

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L’ibrida CT 200h di Lexus