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Nel 2016 le flotte hanno arruolato più di 380 mila veicoli, facendo segnare un record assoluto. Sarà possibile eguagliarlo o, addirittura, batterlo quest’anno? «Tutto fa pensare di sì», risponde AndreaCardinali, classe 1964, perugino di nascita ma romano di adozione, neo-presidente di Aniasa, l’Associazione nazionale industria dell’autonoleggio e Servizi automobilistici. «Perché dovremmo mantenere una quota del 20% circa sul totale delle immatricolazioni, nazionali, che sono previste in crescita». Quindi, i numeri del comparto continueranno a essere enormi: 65 mila aziende e 2.700 pubbliche amministrazioni coinvolte nel noleggio a lungo termine, quasi 5 milioni di contratti a breve stipulati sia da imprese sia a scopo turistico, ma anche, ed è un fenomeno nuovo, da artigiani e imprenditori. «La richiesta di auto e, soprattutto, furgoni per uno o più mesi è in grande aumento», conferma RaoulColantoni, Manager Director di EuropcarItalia, «perché assicura alle piccole e medie imprese la massima flessibilità quando si trovano a dover affrontare picchi di commesse». E il crescente interesse da parte dei privati nei confronti delle varie forme di noleggio è confermato, conti alla mano, da Cardinali. «Secondo una nostra stima prudenziale, alla fine dello scorso anno erano circa 12 mila gli ex proprietari di auto che si sono convertiti al noleggio a lungo termine», dice.

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IL CONCETTO DI POSSESSO

STA LENTAMENTE

MA INESORABILMENTE

LASCIANDO IL POSTO

A QUELLO DI CONDIVISIONE

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Nel mondo delle quattro ruote, insomma, il concetto di possesso sta lentamente ma inesorabilmente lasciando il posto a quello di condivisione. «Non ci sono alternative», spiega MarcoGirelli, Sales & Marketing Director di AlphabetItalia. «Si stima che entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà in città. Vogliamo continuare a riempire le strade con più automobili? No, non è un’opzione, dobbiamo ripensare la mobilità rendendola multimodale…». Musica per le orecchie di chi tifa per il car sharing, fenomeno in crescita esplosiva che attualmente coinvolge 650 mila utenti, che si spartiscono 4.500 vetture.

Addormentarsi sugli allori, però, sarebbe un errore gravissimo perché tutti gli analisti, con in testa Paolo Santi, guru dell’Mit di Boston, specializzato nella previsione delle nuove prospettive della mobilità, fissano nel 2020 un nuovo “big bang” causato, tra l’altro, dall’ingresso sul mercato delle vetture che si guidano da sole. «Fra tre anni nelle giovani generazioni la passione per la guida sarà superata dall’insofferenza per il traffico», preconizza il libro Il futuro della mobilità aziendale scritto da Lukas Neckermann per la società di noleggio Arval, «e nell’ampio ventaglio dei nuovi servizi legati alla mobilità la guida autonoma rivestirà sicuramente un ruolo fondamentale». Ma se è vero che i veicoli senza conducente potrebbero costituire il cambiamento più radicale nei trasporti dall’invenzione del motore, permangono alcuni ostacoli infrastrutturali, finanziari e culturali. Riuscite a immaginare, per esempio, come si comporterebbe il computer di bordo in una notte nebbiosa su una strada secondaria italiana con la segnaletica orizzontale praticamente resa invisibile dalla mancanza di manutenzione?

Meglio, forse, limitarsi per ora ai più avanzati sistemi di assistenza alla guida mantenendo ben ferme le mani sul volante… «Fare a meno di questi angeli custodi ormai è praticamente impossibile, soprattutto se si vuole fare strada nel mondo delle aziende», dice MarcoDainese, responsabile flotte Maserati, «ed ecco perché oggi sono presenti sia nei modelli dei segmenti inferiori sia in quelli che appartengono a quelli più elevati. La guida del tutto autonoma nel 2020? Si dovrà riscrivere il Codice della strada e, più in generale, mettere mano alla regolamentazione necessaria… Un work in progress irto di difficoltà, anche se Maserati metterà sempre il pilota al centro del concetto automobile».

Sotto le ceneri cova, insomma, il fuoco dell’innovazione, ma per ora in Italia l’80% delle auto scelte dai Fleet Manager vanno a gasolio… «È una scelta motivata dalle elevate percorrenze, che nei noleggi a lungo termine si attestano attorno a quota 30 mila chilometri l’anno», dice Cardinali, «quindi non ci sono storie: il diesel resta di gran lunga il propulsore più efficace sotto il profilo del rapporto tra spesa e rendimento. Le ibride e le elettriche? L’Unione europea le spinge e non c’è dubbio che rappresentino il prossimo futuro, ma oggi scontano ancora, tra l’altro, il problema del valore residuo».

A dare una mano ai polmoni di chi abita in città ci sono i grandi costruttori, che ormai fanno a gara nel sfornare modelli a emissioni zero dotati di autonomie sempre maggiori. «Ma lo Stato dovrà fare la sua parte», puntualizza PietroTeofilatto, direttore noleggio a lungo termine di Aniasa, «per esempio defiscalizzando gli investimenti in questo campo e ampliando l’iper-ammortamento al 250% previsto dal Piano nazionale industria 4.0. Le amministrazioni locali, poi, dovrebbero incentivare il libero accesso alle Zone a traffico limitato e alle corsie preferenziali, senza contare le aree dedicate alla ricarica dei veicoli elettrici, che oggi sono più rare delle mosche bianche in quasi tutte le città italiane».

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IBRIDE ED ELETTRICHE

SONO IL FUTURO,

MA IN ITALIA, A OGGI,

L’80% DELLLE AUTO SCELTE

DAI FLEET MANAGER

VANNO A GASOLIO

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Per ovviare al problema numerosi marchi hanno firmato un protocollo d’intesa per creare il network di ricarica ad alta velocità più grande d’Europa. La rete ipotizzata si basa su una tecnologia ultra-veloce ad alta potenza con valori fino a 350 kW. L’inizio delle attività è previsto a partire dal 2017 con l’obiettivo iniziale di circa 400 nuovi punti di ricarica in Europa. Che entro il 2020 saranno migliaia.

Sempre a proposito di innovazione, il potenziale delle nuove tecnologie in termini di sicurezza, sia ecologica sia personale, è enorme. Secondo una recente ricerca, tra gli accessori hi tech più richiesti dai clienti aziendali – dato per scontato il plebiscito a favore del navigatore satellitare (a bordo dell’80% dei veicoli) e del bluetooth (65%) – ci sono i sensori di parcheggio (55%) e il dilagare di preferenze per tutto ciò che rende meno pericoloso stare sulle strade, dalle telecamere ai sistemi di richiesta automatica di soccorso, passando per la frenata assistita e il mantenimento automatico della distanza di sicurezza.

Ma c’è chi teme violazioni sempre più brutali della propria privacy causate, per esempio, dalle scatole nere che monitorano lo stile di guida di chi sta al volante di moltissime auto aziendali. Per i Fleet Manager sono una componente essenziale dell’ottimizzazione del servizio, per alcuni dipendenti l’ennesima propaggine del Grande fratello. «A fine 2016 i veicoli a noleggio dotati di black box erano più di 150 mila e i benefici gestionali sono evidenti», afferma Teofilatto. «Per prima cosa si riducono i rischi di furto, poi si ricostruiscono in modo chiaro eventuali incidenti, si ottimizza la manutenzione e si incentiva una guida prudente e responsabile. La privacy? Non c’è nessuna violazione perché per installare questi dispositivi ci vuole l’accordo con i sindacati o l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. E poi i dati sono criptati…». In ogni caso la riservatezza può comunque essere tutelata. «Sul fatto che le scatole nere con il loro rilevatore Gps diano alle aziende un’infinità di vantaggi siamo tutti d’accordo», conclude Dainese, artefice del successo del Suv Maserati Levante nel mercato delle auto aziendali, «ma molti clienti non vogliono in nessun caso essere monitorati». L’obiezione di coscienza, quindi, si fa strada anche nei parcheggi delle aziende…