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Gusto

Gelato artigianale: piacere freddo, business bollente

C’è chi lo fa con sushi e wasabi, chi lo ha dedicato al Papa e chi offre alternative golose per celiaci e vegani. Sono almeno 600 le varietà che si possono gustare nella penisola, dove il settore è in decisa crescita, nonostante sia ancora troppo poco tutelato. E, per i connazionali che vogliono trasferirsi all’estero, rappresenta una ghiotta opportunità professionale, per andare alla conquista di mercati ancora vergini

È stata una doccia fredda, anzi, gela­ta. Quando il mese scorso una deli­bera del Comune di Milano ha vie­tato l’asporto di cibi nei distretti della “movida” meneghina dopo le 24, eser­centi, oppositori politici e in generale gli amanti di coni, coppette e vaschette sono in­sorti a gran voce, anche sul Web. Già quest’anno basse temperature e maltempo si sono protratti oltre le me­die stagionali, facendo registrare, a maggio, un calo del 50% rispetto al 2012 nei consumi di questa specialità tutta italiana – hanno sottolineato associazioni di cate­goria e consumatori – ci mancava pure un simile prov­vedimento “tagliola”… Annusata l’aria di tempesta, la Giunta ha subito provveduto ad apportare modifiche al testo, senza limitazioni nell’orario per l’asporto. «Amo il gelato alla follia, specie quello alla frutta», ha dichia­rato un imbarazzato sindaco Giuliano Pisapia, «come potrei vietarlo dopo la mezzanotte?». Il comparto in cifre Stiamo pur sempre parlando di un comparto che fattu­ra almeno 2 miliardi di euro l’anno – per intenderci, la metà del giro d’affari complessivo del Vecchio Conti­nente – e che dà lavoro a oltre 90 mila persone sparse nella Penisola, dalle fattorie agricole ai banconi dei ne­gozi. Eppure il settore non è ancora abbastanza tutela­to, a iniziare dalla mancanza, a tutt’oggi, di una legisla­zione ad hoc, con un disciplinare che fissi criteri uni­voci e omogenei, da Bolzano a Palermo, sulla qualifica di “artigianalità”. Un paio d’anni fa Cna Alimentare e Confartigianato Gelatieri avevano creato un marchio di garanzia ad hoc, Artigelato, ma tale iniziativa, oltre a generare qualche polemica sui dettami inclusi­vi, ha raccolto poche adesioni e si è arenata. Fa ben sperare, invece, l’istituzione da parte dell’Eu­roparlamento di Strasburgo della Giornata internazionale del gelato artigianale, lanciata il 24 marzo scorso. Un primo ufficiale segno di riconoscimento per uno dei simboli più amati e apprezzati del made in Italy in tut­to il mondo. Chi non ricorda la mitica scena di Vacan­ze romane in cui Audrey Hepburn è sulla scalinata di Piazza di Spagna, intenta a gustarsi un cono? E ancora oggi, da Sharon Stone a Malia e Sasha Obama, da John Travolta a Justin Timberlake e Antonio Banderas, sono molti i personaggi del jet set internazionale che, in vi­sita nel nostro Paese, non rinunciano a godersi i mille gusti di questo fiore all’occhiello nazionale.

NEPPURE LA CRISI “SCIOGLIE” I CONI TRICOLORIIl gelato, dunque, continua a rappresentare un business interessante, per quanto certamente risenta di fattori quali la stagionalità, le intemperie climatiche prolun­gate, la crisi congiunturale, il calo dei consumi a livel­lo famigliare e i costi elevati delle materie prime e dei carichi fiscali per chi, nel nostro Paese, gestisce un’at­tività imprenditoriale. «Dipende dal territorio, ma ge­neralmente, per aprire una gelateria da 40 mq, occorro­no almeno 120 mila euro», spiega Valentina Righi, vice presidente della Fondazione Bruto e Poerio Carpigiani. Il nome della storica azienda di Anzola Emilia (Bo), nata nel 1946, è associato a un’altra eccellenza, le macchine tecnologiche per la produzione del gelato “all’ita­liana”, oltre che di quello “soft”, mantecato espresso. «Tuttavia, se nella Penisola il settore è ormai saturo, ci sono ancora vari mercati esteri da esplorare. Dopo di noi, la Germania è il secondo Paese al mondo per nu­mero di gelaterie: se ne contano tra le otto e le nove­mila, quasi tutte nate grazie a immigrati italiani. Sono circa tremila quelle in Argentina, e poco meno negli Stati Uniti». A partire dal 2008 – annus horribilis per l’economia mondiale con il crack di Lehman Brothers – molti connazionali hanno deciso di investire in una formazione specifica del settore per poi andare Oltral­pe e Oltreoceano. In quell’anno, alla Carpigiani Ge­lato University (www.gelatouniversity.com) – che dal 2003 propone a livello globale corsi di arte gelatiera e che ha da poco lanciato la gara internazionale Gelato World Tour (ultima tappa a Rimini nel 2014) – si sono registrate duemila iscrizioni. «Per arrivare, nel biennio 2011/2012, a quota 6.700. Tra gli aspiranti ci sono an­che ex manager, avvocati, dentisti, cinquantenni desi­derosi di rimettersi in gioco e riqualificarsi, così come giovani all’indomani della laurea che non vedono al­tri sbocchi». E non sono pochi i casi di successo, una volta ottenuto il diploma. «Un consulente specializza­to in risorse umane, lo scorso anno, è partito con mo­glie e figli per il Cile, dove ha aperto un’attività otte­nendo in breve tempo vari riconoscimenti. Analoga sorte per un’esperta in campo finanziario, che si è tra­sferita in Texas col fratello. E poi ci sono anche storie come quella del canadese James Coleridge, che è ve­nuto in Italia per studiare approfonditamente per pa­recchi mesi e, tornato a Vancouver, ha lanciato Bel­la gelateria: ora è famoso in tutti gli States e pluripre­miato».

VALORIZZARE IL TERRITORIO «È importante esportare, oltre ai nostri migliori cibi e manufatti, anche la cultura e la professionalità legate a certi mestieri. Molti dei nostri iscritti (50-60 all’anno) vengono a lezione proprio con l’idea di partire per il Brasile, l’Africa, l’Australia o ancora gli Usa». Da circa un biennio Loris Molin Pradel, per 15 anni presidente di Confartigianato gelatieri, e tutt’oggi nel direttivo nazionale dell’associazione, insegna nei cor­si professionali organizzati dal Centro di Formazione e Servizi LVH – APA (Confartigianato Imprese di Bolza­no), in collaborazione con l’associata Uniteis, che riu­nisce i gelatieri italiani in Germania (www.formazionegelatieri.com). «Ritengo che un vero professionista debba saper lavorare magistralmente, innanzitutto, i prodotti e i dolci tipici del proprio territorio», sottoli­nea Molin Pradel. «In Alto Adige, per esempio, abbia­mo le ottime fragole della Val Martello o le albicocche squisite della Val Venosta. La mia specialità? La cre­ma cadorina (in onore della sua Gelateria Cadore, ndr), con mascarpone, miele locale e noci». Tanta verve e voglia di sperimentazione, ma soprattut­to, anche in questo caso, valorizzazione dei prodotti ti­pici del territorio di provenienza sono tra i criteri selet­tivi in base a cui sono stati scelti i 50 artigiani che si sfi­deranno a colpi di cremose palline al settimo Sherbeth Festival (Cefalù, 4-8 settembre). «Accanto a numerosi italiani, le eccellenze straniere in gara hanno imparato l’arte del gelato in Italia e qui hanno acquistato macchinari ad hoc per la lavorazio­ne artigianale», afferma Antonio Cappadonia, maestro gelatiere di Cerda (Pa) e direttore tecnico della ma­nifestazione. «Ho in mente, per esempio, un maestro israeliano che lo scorso hanno ci ha deliziato con un mix di datteri e miele della sua terra, oppure un giapponese che ha realizzato un gusto con un agrume nip­ponico, lo yuzu».Proprio dal Sol Levante, nel 2011, è venuta una dele­gazione di top manager per carpire qualche segreto del maestro Cappadonia. Erano alcune prime linee azien­dali di Lotte Group, una grande realtà del Giappone e della Corea del Sud attiva nel food&beverage, nel re­tail, nel turismo e nella finanza. Un incontro tra due popoli e culture da cui, per una volta, anche il mon­do industriale dell’ice cream è stato arricchito dalla genuinità e auten­ticità della migliore tra­dizione made in Italy. E non poteva che essere un tributo alla sua Sici­lia una delle più pregia­te lavorazioni artigiana­li che Cappadonia ha mostrato con orgoglio ai giapponesi: «Quel­la al carciofo spinoso di Cerda (Pa), sia nella variante dolce, ingenti­lita con succo di aran­ce e limoni doc, che in quella salata, da servire nella ristorazione, su una fettina abbrustolita di pane con farina di tumminia, un filo d’olio evo della cultivar Biancolilla e una spruzzata di pepe nero: il modo mi­gliore, a mio avviso, per aprire un pasto».

“Per fare una buona coppetta? Scegliete bene… il letame!”

Parola di Federico Grom

GELATIERE 2.0Andrea Soban, autore del blog ilgelatierecurioso.com, è proprietario con la famiglia di uno storico negozio a Valenza (Al) e altri due ad Alessandria (www.gelateriasoban.com). Il Web è stata una leva importante per promuovere il servizio del “Carrettino” (in alto) per eventi privati e fiere. L’attività ha ricevuto negli anni diversi riconoscimenti, come l’Eccellenza Artigiana Piemonte nel 1997 e, più di recente, il Premio Gelarte 2011 e il secondo posto al Concorso Internazionale Procopio de’ Coltelli 2010. «Esaltiamo le prelibatezze del nostro territorio, dalle pesche di Volpedo alle fragole di Viguzzolo».