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Scozia, alla scoperta della Casa del Golf

Storia, paesaggi da sogno buche impareggiabili a picco sul mare: scopriamo tre percorsi profondamente diversi che racchiudono il fascino antico della patria del gioco

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Ci sono alcuni luoghi che, se visitati più volte, generano noia. Altri che possono indurre a una sorta di assuefazione che ne fa perdere il gusto. Altri ancora che, al contrario, a ogni occasione fanno aumentare il piacere di chi ha la fortuna di poterci tornare.Tra questi, almeno per chi sia appassionato di golf, vi è senza dubbio la cosiddetta “Home of Golf”, ovvero Saint Andrews, con tutte le location che in Scozia ospitano 18 buche. In particolare – anche se le valutazioni non sono unanimi – sono i percorsi “links” a conservare e aumentare, a ogni nuova visita, fascino, bellezza e capacità di trasmettere quel senso di unicità, che si respira solo sui prati di questa regione.Arrivando nella zona, ci si immerge in uno spettacolo naturale unico, dai colori tipici della costa in cui si alternano e intrecciano il giallo della festuca e il verde dell’erba, reso di un’intensità inusuale dalle regolari precipitazioni. Con sullo sfondo il mare, che si affaccia a ridosso dei dogleg e dei green più audacemente disegnati, i links rendono ogni giro un’esperienza golfistica che va al di là di quanto, in campo, si possa riuscire a realizzare in termini di score. Anche perché non si può dimenticare il vento. Se non eccede i livelli di guardia, diventa esso stesso un elemento prezioso: gioca con le nuvole, distribuisce ombre e colori e influenza le condizioni del gioco a ogni folata, rendendo complessa anche la buca apparentemente più banale e, ogni volta diverso per difficoltà e scelte di gioco, anche il percorso che si ritenesse di conoscere ormai alla perfezione. Come se non bastasse, c’è il peso della storia golfistica che sbuca da dietro l’angolo di qualsiasi club house da queste parti. I campioni più celebrati su questi campi hanno costruito l’epopea del golf, scontrandosi per l’Open Championship, il major più antico ed evento più atteso dell’anno.

IL VENTO È UN ELEMENTO

ESSENZIALE: CAMBIA I COLORI ,

INFLUENZA I COLPI

E COMPLICA OGNI TIRO

Nella zona del Fife, quindi, ovvero quella in cui è incastonata Saint Andrews, c’è da scoprire un’ineguagliabile proposta di links, tra cui in particolare Castle Course (parte dei Saint Andrews links) e Balcomie Course (uno dei due percorsi della Crail Golfing Society). Ma vale la pena anche avventurarsi in una “gita fuori porta” a Carnoustie, a un’ora circa di strada oltre Dundee e al di là del Tay Bridge. Lì tra due anni l’Open Championship metterà in scena una nuova tappa della sua storia, ma i preparativi fervono già.

ULTIMO NATOA qualcuno potrebbe sembrare strano, per non dire impossibile, che a Saint Andrews – a poche centinaia di yard dal centro della splendida cittadina universitaria – solo pochi anni fa, nel 2008 per la precisione, qualcuno abbia avuto l’idea di aprire un nuovo campo da golf. Ma come, verrebbe da chiedersi, non ce ne sono già abbastanza? Evidentemente la richiesta di golf da queste parti non conosce limiti… È nato così Castle Course, il più recente tra i golf course in questa terra di links che non ha però nulla da invidiare agli eccellenti vicini e concorrenti. Club house, struttura e accoglienza, a partire dal benvenuto all’arrivo fino alle “istruzioni” da parte del personale tecnico a ridosso dell’ingresso in campo, rendono tutta l’esperienza un momento da ricordare. Il campo, poi, si potrebbe definire un distillato – e qui, in zona di whiskey superbi, il termine è quanto mai calzante – di tutto ciò che da un percorso di golf ci si possa attendere. Soprattutto per alcune caratteristiche che possiamo definire uniche e che hanno poco a che fare con i links.I panorami che si affacciano sulla baia e sulla stessa cittadina di Saint Andrews, godibile da più angoli, molti dei quali in altura, aggiungono alle caratteristiche strettamente golfistiche e tecniche un valore che colloca questo club nelle posizioni di vertice di una ipotetica classifica tra i campi più belli di Scozia. Il par è 71, la lunghezza supera i 6 mila metri e le ondulazioni sono anche piuttosto consistenti, tanto che in alcune buche serve un certo impegno per arrivare in vetta: tutte queste caratteristiche, unite al disegno alquanto ricco di varianti, fanno di questo percorso una meta che merita, senza alcun dubbio, anche più di un giro. E, se tutto il resto non fosse stato sufficiente, la buca 17 (incastonata tra quattro buche finali che hanno pochi eguali), con il colpo da tirare praticamente a strapiombo sul mare che si incunea nella costa, basterà a far ricordare il Castle course come un posto speciale.

OGNI COLPO DEVE ESSERE

VALUTATO IN RELAZIONE

A QUELLO SUCCESSIVO,

FACENDO ATTENZIONE

AI BUNKER

RESPIRARE IL PASSATOAnche se non ci troviamo in uno dei famosi percorsi della “rota” dell’Open Championship, la tappa a Balcomie per chi sia appassionato di golf, non solo tecnicamente ma anche per la sua storia, è praticamente ineludibile. La Crail Golfing Society, infatti, di cui Balcomie Course è parte (affiancato dal Craighead Links), è il settimo golf club più antico del mondo essendo stato costituito nel 1786. E se ciò non bastasse, il Balcomie ha la nobiltà golfistica nel suo Dna, visto che a tracciarne il percorso attuale fu la fantasia del mitico Old Tom Morris nel 1895.

La Hogan’s HalleyNel 1953, in occasione della sua partecipazione vittoriosa all’Open Championship, Ben Hogan (foto) giocò la buca 6, par 5, una delle più difficili, scegliendo sempre la parte più stretta e pericolosa, la sinistra, vicino al fuori limite che costeggia tutto il fairway e la zona di atterraggio del drive. Questa buca, tra le più caratteristiche di Carnoustie (6.580 metri, par 71, record del campo 64), venne così soprannominata dai fan “Hogan’s Alley”, denominazione che venne poi ufficialmente assegnata alla buca 6 nel 2003.

Vittime illustriDifficile dimenticare quello che è considerato uno dei drammi sportivi più clamorosi. Nel 1999, con la possibilità di vincere l’Open Championship a Carnoustie anche segnando un doppio bogie alla 18, il giocatore francese Jean Van de Velde (foto) riuscì nell’ “impresa” di realizzare un triplo bogey e finire poi sconfitto al playoff da Paul Lawrie. Le immagini di quella giornata sono indelebili, tra sconforto e incredulità. Anche del vincitore.

In questo caso, seppur con layout che presenta ondulazioni consistenti e non pochi green da raggiungere con colpi dai dislivelli decisamente rilevanti, la natura links è rispettata in pieno. Come Castle Course, anche Balcomie non può mancare nella gotha dei campi scozzesi non solo per i contenuti tecnici, ma anche per la eccezionale bellezza delle viste e per le sensazioni che il gioco di fronte e di fianco – quasi dentro – al mare è in grado di suscitare. Praticamente tutte le buche sono “aggrappate” alla costa che, in alcuni casi, deve essere letteralmente attraversata per rispettare il par. Uno degli esempi più eclatanti è la “quasi impossibile” buca 5, un par 4 dog leg destro che pretende un drive sopra l’acqua per raggiungere, con il fairway, la chance di un green in regulation. Missione impossibile in caso di vento anche solo accennato… A conferma che per realizzare un campo impegnativo, divertente e moderno (nonostante i suoi 120 anni) non è necessario raggiungere lunghezze esagerate, si tratta di un par 69 di 5.350 m, che propone un mix anomalo di buche con i suoi 6 par 3, 3 par 5 e 9 par 4.

LA BESTIAPer qualcuno è addirittura “The Beast” (la Bestia), da altri è rinominato “Carnasty” (cattivo). Il motivo? Perché Carnoustie, oltre a essere considerato uno dei campi da golf più belli di Scozia, è ritenuto il più difficile tra tutti quelli che ospitano l’Open Championship. Allo stesso tempo, però, tutti i giocatori, pro e dilettanti, pur soccombendo di fronte alle sue asperità, ne riconoscono l’onestà: tough but fair, nel senso che vi è sempre un modo per giocarlo, a patto di avere la giusta attitudine e di azzeccare l’interpretazione più adatta alle proprie caratteristiche. Sarà probabilmente per queste peculiarità che Carnoustie è stato sede di ben sette Open (il prossimo è in calendario nel 2018) e di molte altre competizioni di livello mondiale (Ladies e Senior Open), come pochi altri golf club. Tra l’altro, a ottobre è stato anche uno dei percorsi del Dunhill Links Championship, insieme all’Old Course di St. Andrews e a Kingsbarns. Se da un lato, l’impressione che trasmette la club house appare non così carica di pathos e di tradizione rispetto a Turnberry, Royal Troon o Royal Birkdale, in realtà si capisce che ci si trova in un luogo particolare non appena si accede al campo. Detto che, come in ogni golf di questa zona, è opportuno seguire le indicazioni degli starter per quanto riguarda il tee da cui partire, sin dalla prima buca si coglie il senso di “The Beast”. Ogni colpo deve essere valutato in relazione a quello successivo, con un occhio di particolare attenzione ai bunker – i tipici “pot” scozzesi – collocati come in nessun altro luogo esattamente là dove arrivano quasi tutti i colpi. E questo vale anche e soprattutto per i colpi al green, in cui le singole parti raggiunte possono determinare uno score buono o disastroso. I rimbalzi anche degli approcci più brevi, nonché le ondulazioni a volte difficilmente percepibili, unite alla particolarità dell’erba, rendono il gioco corto mai così decisivo e, a volte, sconcertante.Si chiude con quattro buche finali ritenute una delle conclusioni di giro più impegnative e difficili che il Tour presenti: una sfida che, al di là delle peripezie per uscirne non troppo abbacchiati, rimane nella memoria di chiunque abbia la fortuna di giocarla.

Note di viaggio

Per buona parte dei campi della zona, anche se il periodo gioca un ruolo decisivo nell’affollamento dei club, può essere utile prenotare con anticipo il proprio tee time. Se non volete lasciare niente al caso nella pianificazione del vostro viaggio, sappiate che alcune agenzie organizzano viaggi e soggiorni golfistici prevedono una ”weather policy”: in caso di cattivo tempo, viene proposta un’alternativa in altro campo o in altro giorno o, se la cosa non fosse possibile, il rimborso del green fee. Da ultimo è altrettanto saggio verificare, in particolare nella stagione autunno/ inverno, l’eventuale scelta del club di far giocare dal tappetino. Dopo aver fatto tanta strada, non testare il vero fairway scozzese sarebbe un vero dispiacere…

Credits Images:

Lo spettacolo di una buca a picco sul mare del BalcomieCourse, parte insieme al Craighead Links della Crail Golfing Society, il settimo golf club più antico al mondo, fondato nel 1786