Le riforme che servono alla ripresa
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Il Pnrr implica anche un percorso di riforme ampio e profondo, orientato a un’efficacia mai riscontrata da molti decenni nel nostro Paese. Vediamo alcuni esempi di mancate riforme:
Giustizia – Il dibattito è stato sempre polarizzato su bandiere politiche: prescrizione... Un vero approfondimento dei temi organizzativi e degli strumenti informatici per modificare alla radice alcune logiche processuali è sempre mancato.
Mezzogiorno – Nonostante vari istituti preposti, i rilevanti fondi europei destinati alle regioni del Sud sono stati spesi male, spesso recuperando i ritardi alla fine del ciclo di spesa. Il divario con il Nord in termini economici, di occupazione e di qualità della vita non è stato colmato e in alcuni casi si è ampliato.
Fisco – Si parla da sempre di spostare la pressione fiscale dal lavoro ai consumi e ai capitali, ma si guarda solo alle categorie da favorire. Rimangono inaccettabili differenze nella tassazione del lavoro e ambiti di tolleranza che alimentano l’idea di un’evasione fiscale che, se ridotta, potrebbe da sé risolvere ogni problema. L’accelerazione verso la tracciabilità è stata spesso rallentata da provvedimenti frammentari e troppo graduali.
Spending review – Da oltre un decennio sembra la parola magica per trovare risorse nascoste e inutilizzate. Ci hanno provato in tanti, ma la spesa pubblica è costantemente aumentata. Nessuno ha mai voluto affrontarne il vero presupposto: dare priorità agli obiettivi e orientare di conseguenza la spesa, in base alla sua efficacia. Ciò significa “togliere” qualcosa a qualcuno (o a tutti), operazione quasi impossibile per la politica. Il caso più eclatante sono le c.d. tax expenditures , la cui eliminazione parrebbe portare equità e benefici straordinari.
Separazione tra indirizzo e amministrazione nella P.A. – Prevista dalla Riforma Bassanini, molto proclamata, mai attuata fino in fondo. Parliamo di spoil system “all’italiana” perché il sistema attuale associa i difetti della discontinuità amministrativa a quelli della dipendenza dai partiti politici.
Pensioni e previdenza complementare – Si voleva assicurare un futuro pensionistico dignitoso a tutti i lavoratori, migliorando il secondo pilastro. Al contrario è aumentata la tassazione dei rendimenti dall’11,5% al 20%. In compenso ogni governo si cimenta con nuove misure riguardanti l’età pensionabile.
Lavoro – Da decenni si vuole introdurre un nucleo di norme universali valido per tutti i lavoratori (dipendenti, autonomi, professionisti), superando lo Statuto dei Lavoratori. Qualche passo avanti si è fatto con il riconoscimento per gli autonomi del welfare e ora dell’Iscro, ma su maternità, ferie... esistono ancora stabilizzati e precari, contrattualizzati e partita Iva e molte altre distinzioni, sempre meno giustificate da diverse condizioni e modalità di lavoro.
Costituzione – Infine, la madre di tutte le riforme. Dopo le Commissioni bicamerali, la riforma “federalista” e il tentativo troppo strettamente collegato ai destini politici di Matteo Renzi, le carenze della nostra Carta – alcune già individuate pochi anni dopo la sua promulgazione – attendono ancora una soluzione.
Pur ottimisti, nella speranza di un cambio di passo abilitato da risorse mai prima d’ora disponibili, ci chiediamo: forse occorre cambiare il metodo con cui si affrontano le riforme?
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