Dilettanti allo sbaraglio
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La domanda che sorge spontanea in quest’epoca post-lockdown e alla vigilia di un autunno che si profila torrido per l’economia italiana, è se il governo che dovrebbe risolvere le emergenze non faccia esso stesso parte del problema. E personalmente la risposta non può che essere sì. Latita una visione di ampio respiro per risollevare produzione e consumi. Il premier annuncia alla nazione provvedimenti a raffica senza neanche averli messi in cantiere e averli discussi non dico in Parlamento, ma con gli stessi alleati. Ci si arrovella in un altalenarsi di sì-no/no-sì a un provvedimento come il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) che dovremmo accogliere a braccia aperte: un prestito pari a 36 miliardi di euro a zero interessi da utilizzare per attrezzare il nostro sistema sanitario. Rifiutarlo, per ragioni puramente ideologiche, come vorrebbero alcuni elementi del governo, equivarrebbe a un atto criminale… Vogliamo parlare del pasticciaccio brutto della Cig, che prima non arriva e poi se ne escono con uno strampalato espediente in base al quale le ulteriori quattro settimane avrebbero potuto essere sfruttate solo tra settembre e ottobre, salvo accorgersi – dopo due mesi! – che la sospensione della cassa integrazione in piena estate avrebbe affossato ancora di più le aziende? Come si può lasciare nell’incertezza migliaia di imprese e milioni di lavoratori senza dare disposizioni chiare e tempestive? È anche questo atteggiamento, colpevolmente dilettantistico, che sta mettendo in ginocchio settori strategici per la nostra occupazione come il turismo e il retail.
In assenza di idee in grado di ispirare una logica d’intervento che possa fare ripartire il Paese, si punta a una politica interventista a pioggia: pochi soldi a tutti (redditi di cittadinanza e di emergenza a gogò, Cigs continua per bloccare i licenziamenti) onde evitare sollevamenti generali. Solo che bisogna adesso capire cosa succederà quando – presto – le briciole saranno finite e non ci sarà ancora traccia di quel piano globale di interventi che ci avrebbe permesso di costruire un “nuovo” Paese, anche approfittando di questa occasione per rivedere alcune cose che non funzionavano già prima della pandemia. Ci è stata offerta la preziosa occasione di riscrivere certe regole, vedi sulla burocrazia o sull’attivazione dei controlli, che non abbiamo saputo o voluto cogliere. Si sarebbe potuto correggere anche l’istituto della Naspi, creando una formazione efficace (quella attuale è desolante), aumentandone l’importo (almeno fino a 1.400 euro) e la durata (almeno tre anni), e permettendo al disoccupato di riceverla anche in un’unica soluzione in modo da poter avviare una propria attività imprenditoriale.
Non si tratta di spendere solo di più, ma di spendere meglio le risorse (ovvero debiti) che abbiamo a disposizione. Farsi venire idee e progetti che vadano oltre l’emergenza e l’ordinaria amministrazione. La politica, quella vera e quella alta, è fatta di visione, di intelligenza e competenza applicate certamente al presente, ma soprattutto al futuro. Un futuro che chi ci governa col suo dilettantismo minaccia maldestramente di negarci.
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