Quei manager specchietti per le allodole
Torna a DiscantoCi avete mai fatto caso? Siamo amministrati, a fasi alterne, da categorie professionali differenti. Come dire: i nostri governi vanno a ondate. Tramontata – per effetto di Tangentopoli – l’era dei politici o, che dir si voglia, dei politicanti di professione, con personalità (poche a dire il vero) e personaggi (i più) che si davano vita natural durante a bivaccare nei meandri delle amministrazioni locali oppure alla bouvette di Montecitorio, hanno attraversato la passerella romana diverse tipologie di cosiddetti rappresentanti del popolo. C’è stato di volta in volta il partito-categoria degli intellettuali (più a sinistra che a destra) e dei magistrati (anch’essi meno a destra che a sinistra), poi dei giornalisti, dei docenti universitari e – con la discesa in campo dell’ex Cavaliere – anche dei cosiddetti imprenditori. Figurarsi che quello fu il tempo in cui non si negò una candidatura finanche a tipologie professionali prima impensate e impensabili: come le igieniste dentali e le showgirl. Mentre la Lega prima e i Cinque Stelle poi hanno sdoganato intere batterie di nullafacenti e pocosapienti, insomma dei veri e propri miracolati della politica.
Il panorama che si prospetta
è quello di una notte
in cui tutti i gatti
paiono grigi
Con gli imprenditori è andata com’è andata, senza infamia e senza lode, tra fallimenti plateali e rese disperate alle soffocanti logiche di una burocrazia da far impallidire ser Niccolò Machiavelli. Adesso siamo in piena ondata manager. Per rendersene conto basta guardare i nomi dei candidati sindaci della prossima tornata elettorale, che vede Roma e Milano in testa: da Giuseppe Sala a Stefano Parisi, da Corrado Passera ad Alfio Marchini, solo per citare i più in vista. È tutto un fiorire di dirigenti che possono vantare più che successi certi, risultati “interpretabili” in un senso piuttosto che in quello diametralmente opposto.
La giustificazione positiva che viene data per simili scelte è che si tratta di professionisti in grado di amministrare, di far quadrare i conti tenendo la barra in equilibrio tra costi e obiettivi, così come si fa nel privato. Sarà. Piuttosto, andrebbe confessato che opzioni simili nascondono una resa della politica, che avrebbe come mission di darsi una chiara visione del Paese a cui aspirare idealmente, e costruirsi gli uomini giusti che condividano e incarnino gli stessi obiettivi e li perseguano. Invece, il panorama che ci si prospetta è quello di una notte in cui tutti i gatti paiono grigi: i candidati di destra come di sinistra sono perfettamente intercambiabili, si somigliano l’un l’altro non riuscendo a offrire un’idea chiara e distinta rispetto ai competitor del “prodotto” che sono in grado di offrire. Insomma, rappresentano appieno la negazione di ogni basilare regola di marketing e commerciale. A dimostrazione che anche questi manager – così come le categorie che li hanno preceduti – sono dei meri specchietti per le allodole, dei prestanome, e ancora una volta, davanti a cotanta confusione e indeterminatezza, gli elettori non andranno a votare; o, se lo faranno, saranno spesso portati a scegliere gli estremismi. Che, in quanto a chiarezza di propositi e obiettivi, non sono secondi a nessuno.
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