Istituire la giornata dell’imprenditore?
Torna a DiscantoOgni tanto salta fuori l’idea, la proposta, che anche in Italia - così come in Francia - occorrerebbe istituire la Giornata dell’imprenditore. Un momento in cui tutti i soggetti interessati, diretti e indiretti nonché limitrofi o aspiranti tali, possano fare il punto e proporre delle riflessioni sul ruolo che questa figura gioca nello sviluppo strategico del Paese.
Non so se questa novità potrebbe essere utile e proficua, nel senso che è difficile intuire a priori che tipo di riscontro oggettivo avrebbe a livello di opinione pubblica, istituzioni politiche, economiche e culturali. Ma so che nel nostro Paese c’è ancora molta strada da fare se, com’è successo di recente a un incontro presso l’Università Bocconi di Milano, Maurizio Landini della Fiom ha parlato di imprenditori-padroni, accompagnato dal plauso dei giovani universitari astanti. Il che è come dire che – al netto della furbizia oratoria e politica che va riconosciuta a un talk-man navigato com’è il sindacalista emiliano – la crème di quella che dovrebbe o potrebbe diventare la classe imprenditoriale e manageriale italiana si sente in qualche modo un po’ così: potenzialmente padrona. Tutto questo sarebbe vero però se fosse corretto ragionare per categorie, applicando a esse qualità e difetti a prescindere.
Esistono ancora ampie
aree del nostro Paese
in cui pensare di mettere
in piedi un’azienda
significa fare i conti
con tutta una serie
di impedimenti
legali e illegali
Personalmente non lo ritengo possibile, né credibile: conosco imprenditori che danno la propria vita per la loro azienda, così come altri che ne svuotano le casse per acquistare yacht e bolidi; manager che operano con un alto senso di responsabilità nei confronti del futuro dell’impresa e altri che guardano al risultato immediato, pronti a spiccare perennemente il volo verso lidi più remunerativi; conosco sindacalisti che hanno a cuore i diritti dei lavoratori e di chi un lavoro non ce l’ha e altri impegnati soprattutto a rappresentare se stessi e la storia (superata) a cui si rifanno; conosco lavoratori con un alto senso del dovere e della dignità del proprio lavoro e altri che si arrabattano per cercare di fare meno e avere di più. Come dire?
Il mondo è bello perché è vario…
Se c’è una cosa però a cui potrebbe forse (e sottolineo in rosso il “forse”) servire una Giornata dell’imprenditore, è appunto per dire che non ce ne sono abbastanza. Per far nascere e crescere una consapevolezza collettiva che di imprenditori sani l’Italia ha un disperato bisogno, perché sono appunto quelli che ingaggiano i manager, danno da lavorare ai dipendenti e foss’anche danno un senso ai sindacalisti alla Landini. Anche perché, startupper a parte, ci sono ancora ampie aree del nostro Paese in cui pensare di mettere in piedi un’azienda significa fare i conti con tutta una serie di impedimenti legali (burocrazia in primis, mancanza di liquidità a seguire) e illegali (criminalità organizzata tra tutti), il che comporta un’altissima dose di coraggio e di fiducia nel futuro. La verità è che abbiamo bisogno di meno politici (soprattutto di quelli sindacalizzati) e di più imprenditori, di gente che abbia la voglia e le capacità di mettersi in gioco, coinvolgendo in questa responsabilità anche i propri dipendenti. Abbiamo bisogno che quei bocconiani che hanno applaudito Landini si rimbocchino a loro volta le maniche e si facciano promotori di uno sviluppo sostenibile e responsabile, che sappiano andare oltre le sparate a effetto e si sentano responsabili nei confronti del ruolo collettivo che andranno a ricoprire. E se per questo bisognerà istituire una giornata dedicata alla categoria, ben venga. Anche se, per promuovere e fare della sana imprenditoria, c’è tempo tutto l’anno.
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