Alla ricerca di una nuova economia
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Negli ultimi due lustri il mondo è cambiato, continuando a evolversi e involversi, senza che l’economia accennasse una minima modifica delle sue regole. Un’economia dove sono le logiche della finanza a prevalere – una tra tutte la massimizzazione dei profitti a breve termine per gli azionisti – e dove i lavoratori sono dei costi da ridurre all’osso, rendendo di fatto i magnati ancora più ricchi, e alimentando l’astio e l’odio populista verso ogni forma di ricchezza. È il capitalismo, bellezza! Si potrebbe obiettare; ma è un capitalismo che, bisogna ammetterlo, sta mostrando tutti i suoi limiti: occorrono regole nuove (foss’anche un nuovo – anzi nuovissimo – capitalismo) per un mondo nuovo.
Da dove cominciare? Più che da una politica industriale eticamente orientata alla sostenibilità ambientale e sociale, dalla ricerca di un equilibrio che salvaguardi a pari merito gli interessi di azionisti, dipendenti e clienti. Solo se si compendiano le aspettative di tutti, senza strafare in un senso o nell’altro, forse si potrebbero tornare a creare le condizioni per un rinascimento economico.
Basti ricordare il boom degli anni 60-70 in Italia, quando stipendi dignitosi, capitani d’industria non famelici, prodotti innovativi crearono un benessere diffuso. Ecco, sul benessere condiviso occorrerebbe tornare a puntare, quello propugnato da molti imprenditori illuminati del calibro di Olivetti e Ferrero. Oggi invece, nelle imprese più grandi, ovvero quelle che potrebbero fare la differenza, sono gli azionisti a indicare il percorso aziendale, che si traduce sempre nella massimizzazione dei dividendi anno su anno, con poca o nessuna visione su quali saranno nel tempo le ricadute sociali sull’area in cui operano e per il Paese in cui lavorano.
Nell’era che saluta l’avvento della intelligenza artificiale, che minaccia di spodestare la manodopera umana nei posti di lavoro, si rende necessario tornare invece a un nuovo umanesimo del lavoro. Che non vuol dire abiurare i progressi tecnologici, ma armonizzarli. Insomma, bisogna cominciare a riconsiderare i termini di un capitalismo ormai anacronistico che rischia di crollare su se stesso, trascinando con sé tutto quello che lo circonda.
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