Che si debba modificare la disciplina dei voucher è ormai cosa assodata. Come farlo, è tutto da discutere. La prima proposta arriva dal ministro del lavoro, Giuliano Poletti: «Penso che la norma sui voucher vada modificata e che ne vada drasticamente limitato l'uso. Penso che vadano usati dalle famiglie per piccoli lavori e non dalle imprese, che hanno i contratti di lavoro". La solita (non) soluzione all'italiana.

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In generale, oltre sei imprese su dieci sottoposte a ispezione nel 2016 risultano irregolari, con un'evasione di contributi e premi per oltre 1,1 miliardi di euro: le aziende ispezionate ammontano a 191.614, In linea con gli anni precedenti. Il tasso di irregolarità è stato appunto pari al 63% con 120.738 imprese non in regola (+0,12%, con 186 mila lavoratori irregolari). Ma ricordiamo che il lavoro nero in Italia vale 650 miliardi.

RETROMARCIA. Da strumento per l'emersione del lavoro nero a male assoluto, il passo è stato breve di fronte ai numeri dei voucher: li usano i sindacati, soprattutto la Cgil. Li utilizzano persino i Comuni. E invece ora si pensa di chiudere il rubinetto, tornando al passato e limitandone l'utilizzo alle conf e collaboratrici domestiche.

Forse è Poletti il primo a doversi fermare un attimo a riflettere: da quel «servono pochi correttivi» che seguivano l'innalzamento progressivo dei tetti (da 5 mila a 7 mila euro a lavoratore) arrivato con i decreti attuativi del Jobs Act, ora il ministro propone la retromarcia a tutta velocità fino alla formulazione originaria. Con i tetti di nuovo a 5 mila euro e le immancabili "eccezioni" sul lavoro agricolo (così filtra dalle aule parlamentari). Non è così che si danno certezze alle aziende e ai lavoratori.