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Lavoro

Manager in corsia

All’estero è da oltre 20 anni che la formazione clinica contempla tematiche gestionali e di leadership, mentre in Italia l’esigenza si è fatta pressante solo di recente. Ma anche i dirigenti hanno molto da imparare dai camici bianchi

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Leadership, budget, teamworking, teambuil­ding. Cosa ha a che fare questa terminolo­gia tipicamente manageriale con la professio­ne medica? Niente? Sbagliato! Tra spending review, approfondimento delle conoscenze scientifiche ed evoluzione sempre più accelerata della tec­nologia, l’esigenza di nozioni e capacità dirigenziali si è fat­ta per i medici sempre più pressante. Non solo all’estero, dove questi temi rientrano da tempo nei programmi uni­versitari, ma anche in Italia, al punto che sono ormai gli stessi camici bianchi a chiedere l’introduzione di iniziative formative in questo campo.

DALLA BOCCONI UN’ACCADEMIA PER GLI ONCOLOGI. A tal proposito è esemplare l’Academy of Oncology Ma­nagement tenutasi a Udine, nella sede della Regione Friu­li Venezia Giulia, a fine 2012: una scuola di management per oncologi organizzata da Cipomo (Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri) e Sda Bocconi. «Trovo molto importante che l’iniziativa non sia stata im­posta dall’alto, ma abbia risposto a un’esigenza avanza­ta dagli oncologi stessi», sottolinea uno dei responsabi­li scientifici del progetto, Elio Borgonovi, presidente del Centre for research on health and social care management e professore alla Sda Bocconi. «Inoltre, è innovativo – ci sono state ben poche esperienze simili a livello internazio­nale – che i temi manageriali non siano stati trattati gene­ricamente, ma a partire dalle difficoltà che gli stessi parte­cipanti hanno dichiarato di dover affrontare ogni giorno». Così si è parlato di organizzazione a rete, gestione e passag­gio delle conoscenze, health technology assessment (ossia della convenienza in termini costi benefici delle terapie), vincoli finanziari e gestione delle relazioni. E si è anche te­nuto un confronto con i direttori generali delle aziende sa­nitarie ospedaliere del territorio. «Tutte queste competen­ze sarebbero state utili ai camici bianchi già da tempo, ma oggi l’esigenza è molto più diffusa per diversi motivi», spie­ga Borgonovi. «Innanzitutto la rapida evoluzione delle co­noscenze di tipo scientifico, che mette i medici di fronte a una realtà sempre più complessa; in secondo luogo, la mes­sa a punto di farmaci e terapie più efficaci ma anche molto più costosi, che implicano la necessità di tenere conto del rapporto costi-benefici; infine l’esigenza sempre più pres­sante di contenere la spesa senza, chiaramente, andare a scapito della qualità dell’assistenza».

C’È ANCHE LA SOCIETÀ ITALIANA MEDICI MANAGER. Del resto, che l’esigenza si stia, finalmente, iniziando a per­cepire anche da noi lo testimonia pure la nascita nel 2006 – dall’esperienza e con la collaborazione della British As­sociation of Medical Managers e dell’American College of Physicians Executive – della Società italiana medici mana­ger. La sua mission è «promuovere, sviluppare e consolidare il ruolo, la funzione e le competenze manageriali trasversa­li alle diverse discipline specialistiche della professione me­dica». E lo fa lavorando su tre versanti: offrendo esperienze formative ai soci tramite le sue sezioni regionali, facendo ri­cerca (la sede operativa è all’interno dell’Università Catto­lica ndr) ed elaborando offerte formative dedicate ai medici in via di specializzazione. «Il sistema sanitario sta diventan­do sempre più complesso», osserva il segretario, Andrea Si­lenzi, «perciò il medico, per rimanere al centro del processo decisionale e organizzativo di un tale sistema, deve neces­sariamente avere determinate competenze e capacità pre­state da altri ambiti. E nella società moderna l’ambito di ri­ferimento è il management». Sembra quindi indispensabile che gli Ippocrate del 2013 abbandonino l’idiosincrasia per le vili questioni organizzative, che non sono affatto in con­trasto con i valori e la deontologia della professione. «Pro­prio la missione di garantire la tutela del diritto alla salute di tutti rende necessario, in un sistema che ha risorse limi­tate, saperle gestire nel miglior modo possibile. Tanto più che», sottolinea Silenzi, «i fondi sono in calo e i bisogni di salute in crescita». E che, si potrebbe aggiungere, da tem­po molti camici bianchi rivestono già ruoli che prevedono responsabilità manageriali oltre che cliniche. Meglio allora non sottostimare l’importanza delle relative competenze se si ha a cuore il bene del sistema e dei pazienti.

COSA LI DIVIDE

COSA LI UNISCE

DA CAMICI A COLLETTI BIANCHI