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Lavoro

Lavorare da casa fa schifo

Stress, insonnia, solitudine e tanto mal di schiena: ecco i rischi nascosti del telelavoro che piace alle aziende e ai pochi che riescono davvero a staccare la spina

“Beato te, che puoi lavorare da casa“. Quante volte l’abbiamo detto o solo pensato. O magari sentito dire da amici e colleghi. Ma il telelavoro, cioè trasformare un angolo della propria casa in un’appendice dell’ufficio, non è per niente un paradiso. Anzi, c’è il doppio dei rischi di soffrire di insonnia, stress e solitudine rispetto persino ai colleghi pendolari che compiono lunghi tragitti per andare in ufficio. Lo dice uno studio di Eurofound, l’ agenzia dell’Unione europea per il miglioramento delle condizioni di vita, e Ilo, organizzazione internazionale del lavoro collegata all’Onu che lavora per la giustizia sociale.

Analizzando le condizioni di vita dei dipendenti in 15 Paesi – 10 europei più Argentina, Brasile, India, Giappone e Stati Uniti – gli esperti hanno scoperto i danni del telelavoro, considerato non solo come la possibilità di poter lavorare sempre o solo per alcuni giorni da casa, ma anche «l’utilizzo di smartphone, tablet e computer per scopi lavorativi al di fuori dell’ufficio». Insomma, l’iperconnessione contro cui tanti si battono e che in Francia hanno addirittura provato a stoppare per legge.

Tra gli altri problemi, ci sono i danni alla schiena visto che anche nell’evoluta Finlandia il 50% degli intervistati non ha una scrivania ad hoc, il 53% soffre dolori alle spalle e il 46% al collo. Dal punto di vista psicologico, invece, pesano l’isolamento e la mancanza di scambio informale di informazioni, con rischio di esaurirsi. A patire è soprattutto il sonno: il 42 % di chi lavora regolarmente da casa o è altamente mobile soffre di insonnia (29% tra i sedentari). L’eccessivo stress è un problema che riguarda il 41% dei nomadi lavorativi, il 21% degli impiegati.

Negli Usa ormai è un fenomeno che riguarda il 37% dei lavoratori, il 17% degli impiegati in Europa. In vetta alla classifica c’è a Danimarca, in coda l’Italia (1,8 milioni i 18-34 anni che si danno da fare magari in pigiama dal loro divano). Ma per una volta potrebbe non essere tutto un male. «Va assicurato che i tempi di riposo minimi siano rispettati per evitare futuri effetti negativi sulla salute e il benessere dei lavoratori» sostiene Oscar Vargas di Eurofound. Con le giuste pause, insomma, il telelavoro diventa prolifico perché garantisce maggiore autonomia, facilità di concentrazione e quindi più produttività. Ancor più lampanti sono i benefici per le imprese in termini di costi.