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Business

Anche la tv è un brand

La notorietà di un canale televisivo passa anche attraverso la sua percezione. Che resta impressa nella mente del telespettatore. E attira spot “coerenti”. Come si costruisce il successo lavorando sull’immagine del prodotto catodico

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Quando il marketing irrompe nel moderno modo di fare televisione − e lo fa entrando nella formula di business dei player, vecchi o nuovi che siano − il branding ne diviene una variabile determinante. È il Tv Brand che decreta il posizionamento di un canale, ovvero ciò che i telespettatori si aspettano da un canale quando scelgono di passare del tempo davanti alla Tv. È il Tv Brand che si confronta col telecomando, un oggetto semplice e intuitivo, che di fatto decreta in modo definitivo la scelta del “consumatore televisivo” e quindi il successo o l’insuccesso di una programmazione. Proprio perché è molto più facile passare in rassegna 180 canali con un telecomando che andare in un supermercato e scegliere tra migliaia di prodotti, il processo di branding all’interno di un’azienda televisiva deve assumere un’importanza tale da predisporre una funzione marketing dedicata.

La domanda che spesso ricorre quando parliamo di Branding è: “Perché la gente ama i prodotti di marca?”. La risposta è nel consumatore. I consumatori spesso mancano di motivazione, abilità, o tempo, utili a processare tutte le informazioni relative a un prodotto di loro interesse; loro cercano semplicemente la soluzione più semplice che hanno immagazzinata nella memoria. I brand forti non fanno altro che assistere questo processo mentale. Se infatti un consumatore riconosce un brand e ne sa anche qualcosa, a quel punto non ha bisogno di mettersi a processare informazioni aggiuntive riguardo quel bisogno che vuole soddisfare. A livello pratico, i consumatori adorano le marche perché non fanno altro che impacchettare un significato, e consentono di creare un percorso mentale breve che rende più facile la scelta.

I brand forti, inoltre, tendono a creare consuetudine di utilizzo, in altre parole producono abitudine. Molte ricerche di mercato hanno dimostrato che in quelle situazioni in cui prendere decisioni è un processo ripetitivo (il supermercato e guardare la Tv per esempio) avere delle abitudini fa risparmiare tempo e riduce lo sforzo mentale nel processo decisionale. Questo concetto psicologico è alla base del branding, in quanto influenza non solo la prima scelta ma anche, e soprattutto, la fidelizzazione. La questione è in fondo semplice, gli essere umani sono creature abitudinarie perché le abitudini semplificano le nostre vite, riducendo l’ansia che procura il prendere decisioni che potrebbero avere dei risvolti inaspettati.I manager televisivi hanno a che fare proprio con questo processo. L’esperienza insegna che, una volta che il telespettatore si abitua alla visione di un determinato canale − a livello giornaliero, settimanale, mensile, o annuale − sarà molto difficile per un concorrente di quel canale, conquistarlo “strappandolo” dalle sue abitudini consolidate. Questi telespettatori difficilmente troveranno un motivo per provare un nuovo programma, e rimarranno sintonizzati su quel canale creandosi altresì un’immagine di marca molto forte in relazione a quel Tv Brand. Questo ci insegna due cose, la prima l’ha detta Steve Jobs e cioè la visione della televisione è ancora un momento passivo in cui “You watch television to turn your brain off and you work on your computer when you want to turn your brain on”. La seconda è che quando un Tv Brand ha creato un’abitudine forte per i propri telespettatori la decisione di visione abituale viene facilitata dalla garanzia di qualità che il Tv Brand comunica anche quando il programma favorito sarà terminato.In buona sostanza stiamo dicendo che anche l’impresa televisiva è −o dovrebbe considerarsi − un’organizzazione che commercializza e che, cioè, per costruire il proprio business, genera potenziali telespettatori e fidelizza gli attuali attraverso varie attività di marketing. Il problema è che la maggior parte delle aziende televisive mette il proverbiale carro davanti ai buoi. Il carro in questo caso è l’Auditel, ma i buoi, cioè il “motore” che trasmette il messaggio di marketing, è il Tv Brand.

In buona sostanza, oggi il compito di una moderna impresa televisiva è quello di assicurarsi che la comprensione del brand da parte del telespettatore − posizionamento, grafica e altri fattori di differenziazione − avvenga insieme alla ricerca (spesso spasmodica) degli ascolti. Nel mercato televisivo attuale le imprese televisive, per la maggior parte, non ricercano il branding: il loro vero obiettivo è fare ascolti perché gli ascolti garantiscono la raccolta pubblicitaria. Ma la miopia del mercato è proprio qui perché il processo di Branding applicato ai canali televisivi altro non è se non, come abbiamo detto, costruire una scorciatoia nel processo decisionale di un telespettatore medio che si trova a confrontare con il proprio telecomando, una costruzione che porta alla creazione di ascolti fidelizzati nel tempo, e quindi a una raccolta pubblicitaria positiva e qualitativa di lungo periodo.La mancanza di branding in televisione significa ormai costruire o far crescere un canale senza una strategia di lungo periodo. Una strategia di branding solida sarà un supporto fondamentale in tutte le attività di marketing e ovviamente, in primis, nell’autopromozione di un canale. A tal proposito Fox Channels Italy, è riuscita a tradurre queste idee generali sul brand in un orientamento strategico di livello mondiale attraverso la creazione di vere e proprie brand extension di canale che sono riuscite a creare non solo diversificazione degli ascolti e del target, ma un costante incremento della raccolta pubblicitaria.

Ma il Brand è davvero utile per incrementare la raccolta pubblicitaria? Prima di rispondere sì, dobbiamo inquadrare la situazione del mercato pubblicitario in Italia. Ultimamente si parla molto di frammentazione degli ascolti televisivi e proliferazione dei canali. Tale fenomeno dal punto di vista degli investitori e delle innovazioni in materia pubblicitaria ha che fare con la difficoltà degli spot ad emergere, ad essere efficaci, cioè ha a che fare con la comprensione dei messaggi pubblicitari delle aziende e con la riduzione di attenzione nei confronti della pubblicità. Proprio nell’ottica di incrementare l’attenzione sulla pubblicità va vista la creazione di un Tv Brand, ossia nella capacità che esso ha di portare valore attraverso l’integrazione tra Consumer Brand e Tv Brand, ossia la Brand Integration.Secondo una ricerca recente di Millward Brown Delfo (“Pre test Reloaded”) che ha preso in considerazione oltre 1.200 spot televisivi testati con lo strumento Link dal 1989 a oggi, emergono alcuni interessanti risultati:Il 54% delle campagne pubblicitarie televisive non è legato in modo inequivocabile al brand che promuovono.Soltanto il 15% degli annunci riesce a usare la creatività in modo sapiente per bucare lo schermo e raggiungere gli obiettivi di comunicazione. Il 33% degli spot comunica un messaggio diverso da quello inteso. Solo il 20% dei filmati comunica notizie realmente rilevanti per il pubblico. Tali risultati mostrano come le aziende si trovino a confrontarsi con un contesto comunicativo sempre più complesso. I dati Auditel ci dicono che vi sono più di 1.000 campagne pubblicitarie diverse ogni mese in televisione (vuol dire 1.000 diversi prodotti o marchi che comunicano), e con un incremento del GRP efficace del 26,8% negli ultimi dieci anni (dati MindShare) il quesito che si pone dinanzi alle aziende fissa l’attenzione su come muoversi per far sentire la propria voce e spendere in modo efficiente il proprio budget pubblicitario. Questa ricerca ci dice che per essere nel 15% degli spot che hanno una chance di emergere, non esiste una formula magica. La parola d’ordine è “rilevanza”, che si ottiene mandando messaggi rilevanti per il consumatore attraverso i canali giusti in modo creativo.

Da questi risultati nascono le strategie di Brand Integration, iniziative di comunicazione televisiva attraverso le quali si pianifi ca e si posiziona un marchio consumer all’interno degli elementi grafi ci, di programmazione e valoriali di un Brand Televisivo (Tv Brand) a seconda del marchio, del prodotto e del canale in questione. Il Tv Brand assume così un altro ruolo all’interno del processo pubblicitario e diventa un vero e proprio endorser, un influente d’acquisto (come il dentista per un dentifricio), per il prodotto di riferimento: un prodotto di make up acquisirà più valore associandosi con un Tv Brand femminile come FoxLife per esempio così come una vettura comoda per viaggiare acquisterà più benefici associandosi a un Tv Brand come National Geographic Channel che trova nei concetti di viaggio ed esplorazione i valori della sua mission.Ma siccome non vogliamo far sembrare fuffa le precedenti parole (chi scrive è autore di un romanzo dal titolo Fuffa Tm edito da Baldini Castoldi Dalai, ndr) i progetti di Brand Integration sono stati analizzati in Italia da Tns insieme a Fox Channels Italy attraverso una ricerca mirata a verificarne l’efficacia e ad analizzare come sia decodificato il messaggio di associazione tra i brand (Brand Integration). I risultati di questo studio hanno potuto verificare come le operazioni di Brand Integration di Fox siano in grado di aumentare la desiderabilità di un prodotto o una marca perché catturano l’attenzione, comunicano in modo comprensibile il messaggio, lasciano una traccia mnemonica e creano una rappresentazione positiva della marca e del prodotto.QUANTO È EFFICACE LO SPOT?Il 54% delle campagne pubblicitarie Tv non è legato correttamente al brand che promuoveSolo il 15% degli annunci è creativo abbastanza per bucare lo schermo e raggiungere gli obiettivi di comunicazioneIl 33% degli spot comunica un messaggio diverso da quello intesoSolo il 20% dei filmati comunica notizie realmente rilevanti per il pubblico

Fonte: ricerca Millward Brown Delf, 2007

Alessandro Militi, executive director, advertising sales & commercial development Fox Channels Italy. Ha scritto due romanzi pubblicati per Baldini Castoldi Dalai: Fuffa Tm (2007) e Massimo Della Vita (2010)