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Le aziende conoscono davvero i propri consumatori? Forse no

Una ricerca commissionata da Rsa evidenzia come nel nostro Paese il 30% degli utenti fornisca informazioni false al momento della registrazione per prodotti e servizi online. Una tendenza che coinvolge i consumatori di tutto il mondo

Non solo fake news, ma anche “fake data”. Il 30% degli italiani ammette di aver intenzionalmente falsificato le informazioni personali e i dati al momento della registrazione per prodotti e servizi online. Una percentuale che all’estero cresce addirittura fino al 41%. Un problema da non sottovalutare per le aziende, che potrebbero ritrovarsi con clienti diversi da quello che credono per età, genere e residenza.

Un italiano su tre mente online

Il dato emerge da una ricerca globale commissionata da Rsa, società specializzata in cybersecurity e che punta a far luce sul valore che oggi i consumatori attribuiscono alla sicurezza delle informazioni personali, evidenziando fino a che punto si spingerebbero per proteggerle e quale possa essere l’impatto di business conseguente per le organizzazioni. In Italia si mente soprattutto sul numero di telefono (17%), data di nascita (10%), indirizzo email (10%) e indirizzo di casa (13%). Ma perché mentire? Spesso per non ricevere comunicazioni non richieste (come chiamate, sms, e-mail) da parte delle aziende (41% dei casi); per non essere catalogati a fini commerciali (42%); perché non ci si fida dell’azienda che dovrebbe trattare i propri dati (27%) o perché si ritiene che i dati richiesti siano irrilevanti al fine del prodotto / servizio offerto (40%).

Dati online: le paure degli italiani

Nel sondaggio condotto da Rsa su 7.500 consumatori in Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, risulta che le due principali preoccupazioni dei consumatori italiani (81% in entrambe le risposte) sono la protezione delle credenziali bancarie/finanziarie e le informazioni di sicurezza, come le password.

I rischi che spaventano di più gli italiani, in particolare, sono il furto monetario (78% degli intervistati), il furto di identità (77%) e la pubblicazione di informazioni imbarazzanti o sensibili (54%). Quasi la metà degli italiani, con una percentuale del 49% rispetto a una media globale del 36%, dichiara infine di temere di essere ricattato con immagini o messaggi privati rubati.