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Brand Italia: devi farne di strada, bellezza

Dalla Maremma al Piemonte passando per Salento ed Emilia, alcune aree del Belpaese cominciano a giocare la carta del marketing territoriale. Ma siamo ancora ben lontani dall’aver capito che la valorizzazione dell’intero territorio nazionale potrebbe fruttare 10 mila miliardi di euro l’anno…

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Se fosse in mano agli americani, il brand Ita­lia varrebbe circa 10 mila miliardi di euro l’anno, invece di 600. Perché loro sono bravissimi nel farsi promozione: pur aven­do un patrimonio culturale inferiore al no­stro – sono una ventina i siti Unesco degli States con­tro i 47 del Belpaese – riescono a ottenere un ritorno commerciale 16 volte superiore al nostro. Come fan­no? Si chiama marketing del territorio e segue le stesse regole che valgono per un dentifricio o un’automobi­le. Solo che, in questo caso, si tratta di valorizzare arte, cultura e paesaggio. A tutto vantaggio della nostra bi­lancia commerciale. Perché anche un panorama mozzafiato non solo ha una sua reputazione – il brand – da difendere ma anche un valore economico dato dal giro d’affari che riesce a muovere, fra turismo e indotto. È l’economia della bellezza. Concretamente: le colline del Chianti, dice uno studio della Camera di Commer­cio di Monza e Brianza, valgono quattro miliardi l’an­no, la Costiera Amalfitana tre e mezzo, quella Roma­gnola più di due. Certo, stiamo parlando di alcune fra le bellezze naturalistiche più note e apprezzate all’este­ro. Ma qualunque altro territorio, se messo nelle mani di un esperto di marketing, potrebbe valere altrettan­to. Un esempio? Il Salento: fino a poco tempo fa sco­nosciuto, oggi è considerato dai vacanzieri di tutto il mondo la nuova e inesplorata perla d’Italia. Merito di una campagna di marketing ben orchestrata, capace di valorizzare le tradizioni, come le notti della taranta, e trasformarle in marchio di fabbrica. Ora ci sta provando anche la Maremma. E funziona: i russi, che neppure sapevano cosa fosse, sono quelli che oggi tengono in attivo i conti del turismo locale. Po­tenza del marketing e della comunicazione, ma soprat­tutto di un uomo, Giovanni Lamioni, 50 anni, capar­bio imprenditore e presidente della Camera di Com­mercio di Grosseto, paladino della Maremma toscana. Due anni fa si inventa il Maremma Wine Shire e porta a Grosseto 63 fra i più grandi buyer internazio­nali, così che l’anno successivo i vini maremmani, dal Morellino di Scansano al Montecucco, arrivano per la prima volta a New York. Il successo lo convince a raddoppiare: mette in vetrina tutto l’agroalimentare, l’ar­tigianato, l’equitazione, il golf e la vela, coinvolgendo le realtà più significative, pubbliche e private, attorno a un progetto di promozione unitaria del territorio. In una parola: il brand Maremma. E l’Italia? Prima al mondo per il cibo, ma 12esima per le spiagge, terza per le attrazioni dopo Giappone e Stati Uniti, ma 11esima per le bellezze naturali, sul podio per arte, cultura e storia, in fondo alla classifica per la qualità di vita. «Ecco, vinciamo solo grazie al passato, ai monumenti e alla storia», sin­tetizza Susanna Bellandi, amministratore delegato di Future Brand che ha realizza­to il Country Brand Index (Cbi), lo stu­dio sull’immagine di marca dei principa­li Paesi del mondo. «Mentre siamo fra gli ultimi quando si parla di economia, po­litica, lavoro, tecnologia e investimen­ti. Col risultato che in classifica genera­le siamo passati dal primo posto di sette anni fa al 15esimo di oggi». Insomma, un brand che sta perdendo progressivamen­te competitività. Colpa di chi? «Ciascuno comunica per sé, a livello locale o regio­nale», continua Bellandi, «mentre man­ca una vera regia dall’alto». Un’immagine che va di male in peggioÈ anche vero che «per far partire una nuova iniziativa la comunicazione è tutto», spiega Gian Luigi Casetta, a.d. di Zoom Torino, ulti­mo nato fra i bioparchi immersivi. Tren­ta milioni di investimento sulla riqualificazione di un territorio precedente­mente non valorizzato e una forte spinta sul marketing per creare awareness: «Per una start up, marketing comunicazione incidono fino al 25% dei ricavi». Forse però «dovremmo imparare dai francesi, maestri nel trasmettere la “francesità” al di sopra dei singoli campanilismi», ribadi­sce Bellandi. Sarà per questo che la Tour Eiffel vale cinque volte il Colosseo (vedi box). «I servizi di promozione e poi di ac­coglienza non sono qualitativamente com­petitivi rispetto alle altre nazioni: Roma ha 10 milioni di visitatori l’anno, Parigi 18 milioni e New York 25 milioni. Colpa an­che dell’incapacità tutta italiana di valo­rizzare il nostro patrimonio artistico e cul­turale», rincara la dose Bruno Caprioli di Mailander, società di consulenza specializ­zata in destination marketing, «di fare si­stema e trovare una governance unita­ria». Tutte cose nelle quali anche svizzeri e giapponesi sono molto più bravi di noi. E scalano il podio. Ma non è ancora det­ta l’ultima parola. «Ci hanno defraudato della pizza, della pasta e del caffé, ma noi abbiamo ben altre carte da giocare e stia­mo già facendo grandi sforzi», conclude fiduciosa Susanna Bellandi, «l’importan­te è che alla fine di ogni iniziativa ci sia sempre e soltanto una firma: Italia».

In Italia patrimonio artistico e culturale da 600 miliardi

LABORATORI A CIELO APERTO*

GLI STATI GENERALI DI MODENAObiettivo: valorizzare l’immagine di Modena e attrarre investimenti internazionali. Strategia: la città ha creato una rete di sinergie regionali fra la musica lirica e l’agro alimentare, i motori e la cultura, trasformando brand come Ferrari, Lamborghini e Maserati nella sua unique selling proposition. Ha poi puntato sull’imprenditoria tecnologica, la conoscenza e le imprese turistiche. I risultati: il caso-Modena ci insegna l’importanza della governance dei processi di promozione e come sia vincente la presenza di un soggetto promotore.

TORINO HA VINTO LE OLIMPIADI Obiettivo: trasformare i Giochi invernali in volano per tutto il territorio.Strategia: la città è riuscita a mettere insieme il versante istituzionale ed economico-finanziario, quello culturale e le sponsorizzazioni. Al piano di marketing hanno lavorato oltre mille persone e 83 fra enti, istituzioni, fondazioni culturali e bancarie, società pubbliche e private. Sono stati coinvolti più di 500 media e 900 giornalisti. I risultati: i visitatori in Piemonte sono passati dagli otto milioni del 2000 ai quasi 13 di oggi. A Torino sono triplicati: da due a sei milioni.

IL BRUNELLO E IL MARCHIO MONTALCINO Obiettivo: definire meglio la notorietà internazionale di un brand già consolidato. Strategia: si è puntato su un fattore decisivo, la sovrapposizione tra prodotto e territorio, che qui coincidono in modo perfetto, per creare una brand reputation unitaria, e non di singole aziende. L’obiettivo era trasmettere l’idea di un bene duraturo e profondo, molto più di semplice status symbol. I risultati: il piano terminerà nel 2015, ma fin da oggi si registra l’aumento della visibilità del prodotto sia in Russia, sia in quelli di riferimento, come Spagna, Svizzera e Germania.

* tratto da: Il nuovo marketing dei sistemi territoriali, a cura di Mailander

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Secondo uno studio della Camera di Commercio di Monza e Brianza, le colline del Chianti valgono quattro miliardi di euro l’anno