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Lavoro

Per la managerializzazione di una Pmi, meglio scegliere un ex imprenditore

Per Alberto Amaglio, managing director di Russell Reynolds Associates Italia, nella scelta di un dirigente valgono sempre di più i risultati concreti. Non basta aver lavorato in realtà note

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Cosa conta attualmente nella ricerca di un manager? Nel mercato italiano ci sono oltre mille aziende che, a fronte della crisi, in realtà stanno andando molto bene, hanno un prodotto branded di qualità, si sono internazionalizzate da tempo. In questo caso, la richiesta di management è strategica: profili che guardano a opportunità di acquisizioni all’estero, abili nelle funzioni commerciali e nello sviluppo di altre aree. Le qualità apprezzate sono la capacità decisionale molto veloce e la capacità di coinvolgimento della struttura e delle risorse. I sacrifici sono chiesti alle aziende e nelle aziende. Il management e i capi di funzione devono chiedere di fare lo stesso lavoro con meno persone, riduzione di stipendi e bonus, etc… Da questo punto di vista, il “paradigma Marchionne” può essere dannoso: in tempi di crisi, il leader deve dimostrare forti qualità umane oltre che strategiche. Nelle difficoltà bisogna essere compatti e la compattezza si ottiene creando consenso.

Riscontra sintonia tra le richieste delle aziende e i vostri suggerimenti? C’è sintonia quando si parla di aziende che chiedono manager in grado di sviluppare i mercati internazionali. Distonia può esserci, invece, nel caso in cui un’impresa famigliare che intenda fare un passo verso la managerializzazione voglia qualcuno proveniente da una multinazionale di spicco. Sarebbe meglio iniziare con una persona che abbia avuto esperienze anche in ambito imprenditoriale, di modo che il passaggio sia più gestibile.

Ci sono aree considerate di punta? I numeri uno sono richiesti, specie quando la guida non funziona o il cambiamento di vertice serve a dare un forte segnale di discontinuità. Numeri uno, ma con competenze generaliste: servono professionisti non monotematici. Importanti sono tutti i ruoli correlati con l’aumento dell’efficienza e dei risparmi e con il digital. Gli elementi di concretezza emergono sempre di più: non basta che la persona abbia avuto precedenti esperienze in contesti come Procter o Lever per dire che sia un buon manager; deve aver ottenuto dei risultati.

Dove sono richieste con maggiore frequenza manager donne? I settori tradizionalmente più frequentati da manager donne sono publishing, banking, cosmetica, alimentare, cura delle persone. Si vedono più profili femminili nell’ambito di audit, compliance, general advisor e counselor e del personale.

Rileva cambiamenti nei livelli di compenso? Nei settori finanziari e bancari le normative stanno diventando abbastanza stringenti per quanto riguarda i bonus che vengono spalmati in più anni, e tendono a una riduzione anche in valore assoluto. Gli istituti si stanno adeguando alla moral suasion di Banca d’Italia… Ma gli stipendi alti si vedono tanto quanto prima.

Come valuta le Pmi italiane? Ci sono casi come Luxottica o Autogrill dove gli imprenditori hanno ancora la responsabilità strategica, ma hanno managerializzato le aziende in modo molto forte. E poi c’è tutta un’altra serie di aziende dove l’imprenditore ben più che settantenne continua a essere il dominus. La managerializzazione, in generale, sta aumentando, ma più per necessità che per cultura. I figli del “patron” dovrebbero capire che sarebbe più utile contare su nuovi manager e, dal canto loro, imparare a far bene gli azionisti.

ARTICOLO PRINCIPALE – A ogni stagione il suo manager

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Alberto Amaglio