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Lavoro

Parola chiave: cambiamento

Per Anders Lindholm, amministratore delegato di Boyden Italia, l’età condiziona ancora le aziende nella scelta dei manager ma “ci sono figure over 50 con energia ed esperienza, perfetti per mercati e situazioni difficili”

Oggi quali caratteristiche devono avere i manager per sfruttare le poche opportunità disponibili? Adattarsi al cambiamento e provocare il cambiamento sono e saranno sempre più tematiche fondamentali. Occorrono manager di esperienza, che non siano ancorati al passato, ma che dal passato abbiano tratto i giusti insegnamenti per affrontare un futuro incerto, che in quanto tale può riservare incognite ma anche opportunità. Un professionista che è rimasto nella stessa azienda per oltre 20 anni e si trova nella condizione forzata di dover cercare una nuova occupazione, sicuramente non avrà quel coraggio e spirito imprenditoriale di cui oggi le aziende hanno bisogno.

Ci sono aree di esperienza più richieste? Governo del rischio e controllo, direzione commerciale per sostenere il business, sviluppo internazionale per aggredire i mercati esteri, country manager per il loro governo efficace. Un “evergreen” sono i profili esperti in amministrazione finanza e controllo, in grado di gestire piani di ristrutturazione del debito, o figure commerciali di sviluppo e gestione di reti e business sui mercati internazionali. E poi manager in grado di aprire nuovi mercati o comunque gestire lo sviluppo su quelli in espansione.

Le imprese sono ancora condizionate da fattori quali età e notorietà?Purtroppo ancora oggi in Italia fattori come la notorietà, età e diversità di genere hanno ancora un loro peso, a volte eccessivo. Ci sono manager over 50 che hanno esperienza, energia e soprattutto “saggezza” per operare in mercati e situazioni difficili, ma non vengono presi in considerazione perché considerati “troppo maturi” per un’organizzazione.

Si stanno profilando ruoli e aree di competenza per cui le aziende chiedono con maggiore frequenza manager donne? L’apertura alle quote rosa ha dato una mano in questo senso, ma il rischio è che questa richiesta sia più in funzione di meccanismi di quota più o meno formali che di specifiche esigenze. La richiesta specifica di una donna nasce oggi più dal desiderio di riequilibrare un ambiente caratterizzato da una netta prevalenza maschile. L’obiettivo delle aziende dovrebbe essere, invece, quello di trovare manager con determinate caratteristiche senza distinzione di sesso.

I super-stipendi sono ancora realtà diffusa?I manager in grado di rovesciare le sorti di un’impresa non sono moltissimi e i loro compensi non mostrano rallentamento. Semmai i parametri di giudizio vengono sbilanciati a favore delle performance di azienda o di team più che in passato. È comunque vero che le aziende hanno maggior potere negoziale nei confronti di chi si trova invece momentaneamente al di fuori del mercato del lavoro, e il risultato è spesso un passo indietro rispetto all’ultima retribuzione.

È vero che le aziende preferiscono valorizzare profili interni piuttosto che cercare nuove figure?Spesso si sceglie un manager interno in una logica di risparmio, perché in genere costa meno e ha meno aspettative. Valorizzare la crescita interna ha anche altri valori positivi, come rendere l’inserimento più immediato e veloce, d’altro canto può produrre una struttura meno ricettiva verso il cambiamento.

La crisi ha spinto le nostre Pmi verso la managerializzazione?Le aziende italiane, con poche eccezioni, brillano per prudenza. Da sempre il problema dei nostri imprenditori è quello di capire quando è il momento per chiedere il supporto di manager preparati e fare un passo indietro. Nella maggior parte dei casi, almeno per ora, il risultato è stato opposto. Più che altro, molte Pmi sono state costrette ad aprire il proprio capitale a fondi di private equity o banche, che poi intervengono direttamente nella gestione dell’azienda.

ARTICOLO PRINCIPALE – A ogni stagione il suo manager

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Anders Lindholm