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Parmalat, bocciato il ricorso di Lactalis. Si delinea la cordata italiana

Il tribunale di Parma conferma il rinvio dell’assemblea della società di Collecchio, intanto si annuncia una settimana decisiva per il gruppo di imprenditori italiani che dovrò contrastare i francesi. Servono almeno 3 miliardi e Granarolo sostituisce Ferrero

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Respinto il ricorso di Lactalis contro il rinvio dell’assemblea Parmalat. Il tribunale di Parma ha confermato il decreto del presidente del tribunale del 4 aprile che aveva affermato la conformità al decreto anti-opa della delibera con la quale il primo del mese il Cda dell’azienda alimentare ha rinviato l’assemblea. L’assemblea di Parmalat, che ha all’ordine del giorno anche il rinnovo del consiglio, si terrà quindi il 25, 27 o 28 giugno.E mentre Lactalis incassa la sua prima sconfitta, questa settimana potrebbe essere decisiva per la nuova cordata italiana per la società di Collecchio. Per martedì 12, infatti, è previsto un primo incontro che dovrebbe mettere sul tavolo la composizione del capitale della Newco e i conseguenti impegni economici dei partecipanti. Il progetto della banca Intesa SanPaolo prevede un impegno di lungo periodo e non un’operazione finanziaria per contendere Parmalat ai francesi. Anche per questo motivo sembra traontare l’ipotesi Ferrero come capofila, che ha preferito defilarsi di fronte a un impegno considerato troppo oneroso, mentre crescono le quotazioni di Granarolo. Una soluzione che assicura consistenti sinergie e ottime prospettive di crescita ma che, da subito, ha mostrato la lacuna della limitata disponibilità finanziaria del gruppo controllato dalle cooperative. Un problema che sarà aggirato utilizzando parte della ingente liquidità dello stesso gruppo di Collecchio. Granarolo cederà i suoi asset a Parmalat e il ricavato sarà messo al servizio dell’operazione. Complessivamente, tra capitale e debito, per conquistare la Parmalat servono poco più di tre miliardi. E gran parte del lavoro di questi giorni è orientato proprio a reperire queste risorse. Oltre alla quota che deriverebbe dall’operazione Granarolo, in campo ci sono le banche, altri gruppi stranieri e l’intervento promesso dallo Stato. Parte con una dotazione di circa 20 miliardi (ma la cifra è ancora frutto di indiscrezioni), che arrivano anche da privati e stranieri (oltre che dal Tesoro e dalle Fondazioni bancarie) il ‘Fondo Strategico’ salva-imprese. Sempre mertedì ci sarà il primo passaggio: dopo il decreto del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, si riunirà infatti l’assemblea straordinaria della Cassa Depositi e prestiti (60% Tesoro, 30% Fondazioni) per varare le modifiche allo statuto necessarie ad allargare il proprio campo di intervento anche alle aziende quotate. “Il fondo strategico – ha spiegato Tremonti – sarà aperto anche ai privati e gli stranieri e avrà una logica non protettiva ma espansiva”.