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Ue: Italia fanalino di coda per la produttività del lavoro

Negli ultimi vent’anni abbiamo perso terreno nei confronti degli altri Paesi membri. Siamo stati doppiati anche dalla Spagna

La produttività del lavoro italiano è la più bassa di tutta Europa. A stabilirlo è il report annuale sulle Misure della produttività redatto dall’Istat. Con il termine produttività del lavoro si intende il rapporto tra il valore aggiunto generato e le ore lavorate. Stando ai calcoli, negli ultimi vent’anni (1995-2015) la produttività del lavoro ha registrato una crescita annua pari allo 0,3% in Italia, contro l’1,6% dell’Unione europea, l’1,4% dell’Ue a 15 e l’1,3% dell’area euro. Anche il confronto con gli altri Paesi risulta penalizzante: siamo dietro a tutti e persino la Spagna ci doppia, vantando il Paese un tasso di crescita pari al +0,6%. Particolarmente ampio il gap con la Francia (+1,6%), la Germania (+1,5%) e il Regno Unito (+1,5%) che nel 2015 apparteneva ancora all’Ue. Inoltre l’Istat sottolinea che nell’ultimo anno «l’Italia è l’unico Paese tra quelli considerati a registrare nel 2015 una diminuzione della produttività del lavoro (-0,3%)».

DUE ANDAMENTI PROFONDAMENTE DIVERSI. Più nel dettaglio, la produttività italiana del lavoro ha avuto due andamenti profondamente diversi: l’Istat spiega che tra il 2003-2009 è scesa dello 0,9% annuo, mentre tra il 2009 e il 2013 ha registrato una crescita dello 0,8%. Rispetto alle altre economie europee a penalizzarci è il valore aggiunto generato, troppo debole: se negli ultimi bienni le ore di lavoro si sono attestate su livelli alti, lo stesso non si può dire del valore aggiunto. Lo stesso Istat spiega che il divario con il resto d’Europa «è risultato particolarmente ampio in termini di evoluzione del valore aggiunto, cresciuto a ritmi meno sostenuti che negli altri paesi europei».

I SETTORI TRAINANTI. Negli ultimi vent’anni i comparti che hanno contribuito alla produttività lavorativa sono stati l’industria (+0,2%), i servizi di informazione e comunicazione (+0,2%), seguiti da agricoltura, commercio, attività finanziarie e assicurative, tutti a quota +0,1%.