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Tfr in busta paga: la rivolta delle pmi

Le aziende con meno di 50 dipendenti rischiano di perdere 5,5 miliardi di liquidità. Il governo replica: con la “leva Bce” si può fare

Il 15 ottobre sarà la data della verità: il giorno della presentazione della legge di Stabilità dirà se nel provvedimento il governo riuscirà a inserire anche l’introduzione del Tfr in busta paga.

Un provvedimento pensato per rilanciare i consumi e dare ossigeno alle famiglie, ma che fa già discutere per i suoi effetti sulla liquidità delle piccole e medie imprese.

I DUBBI. Il premier Matteo Renzi vorrebbe il 50% del Tfr già nella busta paga di gennaio 2015, ma i punti di discutere sono ancora molti: la quota da inserire (si ragiona attorno al 50%), le modalità (versamento unico o mensile), la tassazione (adesso è separata) e soprattutto l’effetto sui conti delle pmi.

La “leva Bce” in termini di accesso agevolato al credito potrebbe dare una mano, ma non basta. Perché si tratta di una montagna di soldi: su 23 miliardi di Tfr maturati in Italia ogni anno, sei finiscono all’Inps, altrettanti nei fondi pensione e ben 11 restano alle pmi. Che dunque, ragionando sull’ipotesi del 50%, sarebbero costrette a sborsare 5,5 miliardi di euro perdendo liquidità.

PENSIONE. Bisogna poi pensare al momento della pensione: con la crisi i fondi pensione hanno accusato un pesante calo di iscritti che, dunque, faticheranno ad avere una pensione complementare al momento del ritiro dal lavoro.

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@ Getty Images