Connettiti con noi

Business

Spiagge italiane, la Corte Ue dice no alle concessioni a vita

Violano la concorrenza e mettono a rischio la bontà dei servizi: presto la riforma

Le concessioni sulle spiagge italiane non potranno più essere “vitalizie”: a stabilirlo è la Corte di giustizia Ue, che ha confermato quanto deciso il febbraio scorso dall’avvocato generale Maciej Szpunar; l’attuale sistema di rinnovo, infatti, è contraria al diritto comunitario e viola la direttiva dei servizi (la cosiddetta Bolkstein).

LA SENTENZA. Le concessioni per l’esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri, che in Italia sono state prorogate nel 2009 fino al 2020, sono state dunque alle porte della stagione estiva dichiarate scadute a fine 2015. Una decisione, quella della Corte di Giustizia Europea, che potrebbe seminare il panico tra le 30 mila imprese che lavorano nel settore. Panico che sarà il Governo italiano a dover contenere, innanzitutto estendendo la validità delle concessioni attualmente in essere, e, soprattutto, intervenendo per riformare il settore e allinearlo alla sentenza europea. In particolare, la modalità di rinnovo delle concessioni dovrà rispettare i principi stabiliti dalla “direttiva Bolkstein”, che tutela la concorrenza e la non discriminazione; direttiva disattesa dalla normativa italiana, che ha disposto una proroga automatica e generalizzata delle concessioni in scadenza a dicembre 2015, senza che fosse prevista alcuna procedura di selezione o verifica, attraverso il cosiddetto Dl “milleproroghe” di fine 2009.

TUTELARE LA CONCORRENZA. Ora, secondo le direttive europee, il sistema di rilascio delle concessioni turistiche nelle aree demaniali dovrà obbligatoriamente basarsi su alcune preliminari verifiche e su una attenta valutazione dei potenziali candidati; le modalità di assegnazione dovranno rispettare i principi di imparzialità e trasparenza, impossibili da garantire con le proroghe automatiche. La Corte europea, comunque, tutela i titolari delle autorizzazioni e i loro investimenti, prevedendo il legittimo affidamento delle concessioni anche tenendo conto della professionalità e dell’esperienza acquisita in precedenza. Quel che è certo è che, agli aspiranti concessionari, verrà richiesta la capacità di valorizzare le qualità paesaggistiche delle aree demaniali, di garantire la sostenibilità ambientale e la bontà del servizio, secondo dei requisiti stabiliti dal Governo, che è tenuto a pubblicizzare adeguatamente l’avvio e lo svolgimento delle procedure di assegnazione.

SALVATAGGIO DELLE CONCESSIONI. La sentenza della Corte pone uno stop, inoltre, alla tendenza alle proroghe: lo Stato non sarà più autorizzato a predisporre rinnovi automatici; eventualmente saranno gli enti territoriali a dare l’assenso per la continuità delle concessioni: il fine è quello di tutelare il più possibile l’interesse pubblico. Le nuove norme dovranno venire redatte entro un anno dall’entrata in vigore della legge delega, ma si presume che l’urgenza del tema richiederà una discussione celere: l’obiettivo è quello di ottenere la riforma entro fine dicembre 2017. In occasione del riordino è stato già presentato un emendamento al Dl Enti Locali che tutela le concessioni demaniali rinnovate fino al 2020, confermando di fatto la proroga: il fine è quello di salvare le imprese investite dalla sentenza della Corte Ue, che rischia di mandare in fumo le autorizzazioni.