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Prada, Gucci, Fiat, GTech: la fuga delle grandi aziende verso i paradisi fiscali ha impoverito l'Italia. Per fermare l'emorraggia, il governo sta pensando di creare un piccolo paradiso fiscale per i cosiddetti "beni intangibili".

Marchi, know-how e brevetti che dovrebbero beneficiare di uno scontro fiscale del 50% sui redditi garantiti da questi beni, oltre a nuovi incentivi per ricerca e sviluppo. Questi i contenuti del provvedimento allo studio del ministero dello Sviluppo economico e del Tesoro che si avvicina all'approdo in Consiglio dei ministri.

«L'Ocse ha quantificato tra il 20% e il 34% il contributo alla crescita della produttività delle spese per innovazione», dice Stefano Simontacchi, direttore del Transfer Pricing Research Center dell'Università di Leiden in Olanda e managing partner dello studio legale Bonelli Erede e Pappalardo a Repubblica, «a vere una norma che tuteli questi beni avrebbe tre vantaggi: il primo, immediato, è evitare che altre società italiane decidano di trasferire all'estero il loro quartiere generale sfruttando le norme più favorevoli di altri Paesi Ue. Il secondo è convincere chi l'ha già fatto a riportare qui i suoi marchi o il suo know-how. Il terzo è incentivare le multinazionali a localizzare nel nostro Paese i loro hub di ricerca e sviluppo».

Il rischio di minori entrate fiscali sarebbe bilanciato dalla garanzia della permanenza delle grandi aziende nel nostro Paese. E chissà forse il rientro di alcune già scappate; «GlaxoSmithkline ha approvato stanziamenti per 500 milioni in ricerca e sviluppo in Gran Bretagna appena Londra ha dato l'ok alla sua legge per tutelare i beni intangibili», aggiunge Simontacchi.

Anche negli Stati Uniti si preparano provvedimenti legislativi per impedire la fuga delle aziende verso regimi fiscali più convenienti (Londra e Dublino in particolare).