Aumentano disoccupati e inattivi: per trovare il primo impiego ci vogliono 34 mesi © Getty Images

Mezzo milione di italiani svolge lo stesso lavoro da cinque anni ma è tutt'altro che un lavoratore stabile. L'Istat nel suo rapporto annuale non li definisce nemmeno più precari, ma crea la categoria degli «atipici». Chiusi in contratti a tempo determinato e collaborazioni, per la precisione sono 524 mila persone. Nell'eterna attesa di una stabilizzazione, sono le vittime più frequenti del part time involontario, quello imposto dal datore di lavoro. «Sono esposti così a una doppia vulnerabilità», dice la ricerca, «lo svantaggio del lavoro precario e il ripiego su un orario ridotto». Il fenomeno colpisce soprattutto giovani fino a 34 anni, dai residenti nel Mezzogiorno, dagli occupati con al più la licenza media e gli stranieri. Negli ultimi sei anni però i maggiori incrementi si riscontrano al Nord, tra i meno giovani (specialmente con più di 50 anni) e gli uomini (+444mila).

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DISOCCUPAZIONE. Anche la disoccupazione è una trappola: chi è alla ricerca di un’occupazione lo è in media da 24,6 mesi, mentre gli inattivi ci provano in media da 34 mesi a trovare il primo impiego. RIspetto a un anno fa, la durata media della disoccupazione è aumentata di 2,3 mesi e i senza lavoro cronici sono il 60%. Gli scoraggiati, solo tra gli inattivi, sono due milioni. Ma c'è anche chi ci prova: così ai 3,2 milioni di disoccupati (+5,5% rispetto al 2013) si aggiungono 3,5 milioni di «forze di lavoro potenziali sfiorano i tre milioni e mezzo (+8,9%)».

MONDO DEL LAVORO. In generale, l'occupazione è aumentata nel 2014 per i lavoratori più anziani, con 320 mila occupati in più over 55 (in aumento dell’8,9%) mentre scende ancora per i giovani (-46mila per gli under 25 e -148mila per gli under 35). Tuttavia più di un occupato su dieci risulta irregolare: secondo la nuova metodologia Esa 2010, sono il 12,6% per il 2012. Guardando alla media 2010-2012, l’istituto stima 2,3 milioni di irregolari. Notevoli però le differenze tra settori: 21,9% sugli occupati in agricoltura, del 6,6% nell’industria in senso stretto, del 14,7% nelle costruzioni «e del 13,3% nei servizi, con punte in quest’ultimo comparto che toccano il 16,3% nel settore degli alberghi e dei pubblici esercizi e un valore particolarmente elevato nel comparto del lavoro domestico (54,6%)».

DONNE AL "POTERE". Cresce pure il numero di famiglie in cui lavora solo la donna: nel 2008 erano 1,7 milioni di nuclei, oggi 2,4 milioni. «Quote di irregolarità più elevate caratterizzano la componente femminile, i cittadini stranieri, gli indipendenti, i giovani e gli anziani, i meno istruiti, il Mezzogiorno e i settori notoriamente a rischio1, conclude l'Istat, «oltre la metà dei circa 2,3 milioni di irregolari stimati in media nel triennio 2010-2012 sono uomini, poco più dell’80% cittadini italiani, oltre la metà in un’età compresa fra 35 e 64 anni, uno su sei ha frequentato l’università, più della metà lavora nelle regioni del Centro-nord, due terzi sono lavoratori dipendenti, uno su tre svolge attività di tipo tecnico-professionale o impiegatizio, poco meno della metà sono coniugati».