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Le regole sui conti Ue? Non le rispetta nessuno

La Cgia di Mestre rivela: un Paese su due fuori dai parametri richiesti dell’Europa. L’Italia? Non è poi così fuori legge

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«Ce lo chiede l’Europa». Ma nessuno l’ascolta. Secondo l’elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestra, appena un Paese su due in Europa rispetta davvero i parametri di Maastricht. Nella Ue a 28, 16 Stati l’anno scorso non ha rispettato le disposizioni previste dai 2 principali criteri di convergenza in vigore dal 1992 e ribaditi anche dal Fiscal compact del 2012), cioè i famigerati rapporti deficit/Pil sotto il 3 per cento e debito/Pil non superiore al 60 per cento.

Ad eccezione della Polonia, tra i 12 Paesi virtuosi è importante segnalare che si tratta in massima parte di realtà di piccola dimensione: tra queste Malta, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Bulgaria ed Estonia che fanno parte dell’area Euro. Messi insieme, sono il 12 per cento del pil comunitario.

Ecco i Paesi fuori norma:

Tra il 2009 e il 2016, appena 3 Paesi in Ue (Svezia, Estonia e Lussemburgo) non hanno mai “sforato” la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/Pil; mentre Spagna, Regno Unito e Francia lo hanno ogni anno Grecia, Croazia e Portogallo 7 (appena un anno nei parametri). L’Italia, invece, lo ha fatto in 3 occasioni e in questi anni ha mantenuto un’incidenza percentuale media del disavanzo pubblico al -3,3%: contro il -7,9 della Spagna, il -6,6 del Regno Unito e il -4,8 della Francia.

In giallo, invece, i Paesi virtuosi:

«Con questa elaborazione», sottolinea il segretario della Cgia Renato Mason, non vogliamo esprimere alcun giudizio sui singoli Paesi. Ricordo che la valutazione dei parametri viene effettuata dalla Commissione Europea sulla base di complessi meccanismi di calcolo che tengono conto di ulteriori criteri, come il pil potenziale, medie triennali, relativi scostamenti ed eventuali accordi precedenti. È chiaro, tuttavia, come più della metà dei Paesi nel 2016 ha avuto un rapporto debito/pil superiore al 60 per cento e 6 di questi 16, tra cui l’Italia, hanno visto aumentare tale rapporto rispetto al 2015, aggravando nel complesso la tenuta dei conti pubblici».

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