
Potreste chiamarla l'ultima truffa di Equitalia: è quella sulla rottamazione delle cartelle esattoriali prevista nella legge di bilancio. Un decreto fiscale che avrebbe dovuto portare 2 miliardi di euro di coperture grazie a incassi certi e più veloci delle pratiche di Equitalia. Ma non sarà così.
L'amara scoperta per le aziende è arrivata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro: le imprese che chiederanno di aderire e versare la prima rata a luglio, fino ad allora non avranno diritto ad avere il Documento unico di regolarità contributiva (Durc). Solo un altro certificato? Nient'affatto, bensì un documento indispensabile per partecipare a gare e appalti pubblici. Quindi, delle due l'una: o si rimarrà cornuti e mazziati o si percorrerà la via classica, annullando gli effetti della riforma. La normale rateizzazione, però, è meno conveniente per le imprese e comporta più attesa per lo Stato (si possono chiedere fino a 120 rate).
«Per un mancato raccordo fra la normativa fiscale e quella previdenziale, le aziende che hanno debiti previdenziali anche di modesta entità», si legge in una nota dei professionisti a Inps ed Equitalia. «Potrebbero decidere di non aderire alla sanatoria. Questo perché l’adesione alla rottamazione ad oggi blocca il rilascio alle imprese del Documento unico di regolarità contributiva (Durc) da parte dell’Inps e dell’Inail e di conseguenza rende impossibile partecipare agli appalti pubblici per la fornitura di beni e servizi. Questo intreccio provocherà la paradossale situazione, per coloro che accederanno alla rottamazione dei ruoli, di risultare non in linea con i pagamenti presso il concessionario».
«Un’altra interessante questione ancora aperta», continua il vicepresidente Vincenzo Silvestri, «è la definizione degli ‘interessi‘ che devono essere corrisposti, in caso di debito contributivo con Inps e Inail, assieme al capitale al fine di legittimare la rottamazione. Le sanzioni previdenziali, si ricorda, hanno natura di risarcimento civilistico, con distinzione a seconda se si tratti di omissione o evasione». Benvenuti in Italia, il Paese delle riforme che non riformano.