La posizione di Philippe Waechter, capo economista della società di gestione Natixis Asset Management, a proposito dei Paesi dell’Europa periferica
Meglio non esagerare con l’ottimismo. È questa, in sintesi, l’opinione di Waechter sulla situazione dei Paesi dell’Europa periferica.
Perché questa prudenza?
Perché la situazione è ancora piuttosto complicata. In Spagna, Irlanda e Portogallo il pil è ancora inferiore di circa il 7% rispetto ai livelli toccati cinque o sei anni fa. In Grecia è ancora peggio, visto che il prodotto interno lordo è crollato di ben il 25% dal 2009. Direi dunque che oggi possiamo essere ottimisti, ma bisogna evitare aspettative troppo alte che, se non rispettate, possono portare di nuovo delusione e malcontento sociale.
I cosiddetti Pigs hanno completato tutto il percorso di riforme che dovevano attuare?
No, perché devono ancora ricostruire la loro economia. Tutti e quattro i Paesi hanno una domanda interna molto debole e stanno cercando di stimolarla con diverse soluzioni. In Portogallo si danno incentivi fiscali ai pensionati, in Irlanda alle società internazionali con sede a Dublino e in Spagna con varie misure a favore della competitività.
Quale Paese dell’Europa periferica, secondo lei, oggi si trova in una posizione migliore?
È davvero difficile fare un nome, perché ogni Paese ha di fronte sfide diverse e differenti mezzi per affrontarle. Se devo proprio scegliere, dico la Spagna perché è una nazione importante e può spingere anche l’Italia e la Francia a portare avanti delle riforme strutturali.
Quali sono, in generale, le prospettive economiche dell’Eurozona?
L’economia europea è ancora debole. Possiamo attenderci dati migliori nella seconda parte dell’anno, ma sarà difficile vedere una crescita del pil ben al di sopra dell’1%.