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Allarme Confindustria, Italia già in recessione

La ripresa arriverà solo dalla metà del 2012, le manovre frenano il Pil ma sono necessarie per evitare il fallimento. Il nostro Paese è a un bivio…

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La ripresa, se di ripresa si può parlare, arriverà dalla seconda metà del 2012 e solo dopo aver affrontato in modo “risolutivo la crisi dei debiti sovrani dell’eurozona”; ma per i prossimi mesi il crollo del Pil sembra inevitabile. Anzi, secondo l’analisi del centro studi di Confindustria (CsC), la recessione ha già colpito l’Italia che dovrebbe registrare un crollo del Pil di 2 punti percentuali tra la scorsa estate e la prossima primavera. Certo, le recenti manovre frenano il Pil (che altrimenti sarebbe positivo nel 2012) ma senza saremmo in “un percorso pre-fallimentare”.E così, dopo le previsioni dell’Ocse, arriva anche la dura analisi dell’associazione degli industriali che sottolinea come per l’Italia si tratta della “quinta recessione dal 1980”. La maggiore intensità di questa recessione si registrerà nel primo trimestre del prossimo anno; le manovre varate dal governo – sottolinea il direttore del CsC, Luca Paolazzi – hanno effetti restrittivi, ma “senza sarebbe andata molto peggio”, sottolinea il direttore del CsC, Luca Paolazzi. Condizioni necessarie per la ripresa la risoluzione della crisi del debito nell’eurozona “grazie al gioco cooperativo tra Stati e istituzioni”, il rientro rapido delle tensioni sui tassi di interesse a lungo termine (con il rendimento dei Btp sotto il 5% entro la primavera), e il ritorno della fiducia tra le imprese. Con primi passi della ripresa nella seconda metà del 2012, comunque “alla fine del 2013 il Pil italiano sarà ancora ad un livello di -5,7 punti percentuali sotto il picco pre-crisi”, afferma il centro studi di Confindustria.

EUROPA AL BIVIO. L’esito più probabile è quindi la risoluzione della crisi e una ripresa “dalla tarda primavera del 2012”, ma il Paese è a un bivio: se si dimostreranno efficaci le misure varate in Italia “si imbocca il rientro in tempi sufficientemente rapidi dalle eccessive e insostenibili tensioni sui titoli sovrani”; oppure “si prosegue con l’attuale quadro fatto di enormi divari tra i rendimenti dei titoli di Stato che finirebbero anzi con l’ampliarsi, di congelamento dell’interbancario, di frammentazione del credito in mercati nazionali e di prosciugamento dei prestiti, che stanno causando l’accartocciamento della domanda e delle attività produttive. La spirale debiti pubblici-difficoltà delle banche si avviterebbe in modo irreparabile”.Ma non è solo il nostro Paese a rischiare. Un eventuale crollo dell’euro – della moneta unica (al momento solo una congettura) – potrebbero causare “violente ricadute a livello internazionale”; il Pil dei quattro principali Paesi europei “crollerebbe tra il 25 ed il 50%, svanirebbero tra i 6 e i 9 milioni di posti di lavoro in ciascuna di esse, i deficit e i debiti pubblici raggiungerebbero valori da immediata insolvenza perfino in Germania”.