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Sostenibilità

Norvegia, come dire stop al petrolio e pensare di guadagnarci

Nonostante le trivellazioni alimentino il benessere dello Stato, si punta a una transizione verso le emissioni zero entro il 2030. E grazie a un piano di sviluppo intelligente, il Paese scandinavo è sicuro di continuare a prosperare

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Non ci sono solo gli Emirati arabi o gli Stati Uniti tra i protagonisti del mondo del petrolio. Se non lo sapeste, anche la Norvegia trivella e prospera grazie all’estrazione dell’oro nero. Ma ora la nazione scandinava vuol dire basta con i combustibili fossili. Anche a costo di rimetterci. L’annuncio lo ha dato la premier Erna Solberg in un discorso che punta alle elezioni di settembre.

«Non possiamo pensare di vivere di rendita grazie al petrolio», ha detto la leader del governo conservatore annunciando la pubblicazione di un libro bianco sulle strategie di sviluppo future, il primo dal lontano 1981. Reindustrializzare, produrre, agevolare le start up e l’economia digitale: queste le leve di sviluppo del futuro che dovranno accompagnarsi alla difesa dell’ambiente. Ecco perché il Paese punta a una transizione verso le emissioni zero entro il 2025-2030, sull’esempio della vicina Stoccolma.

Secondo il governo, la rinuncia ai ricavi del petrolio alla lunga sarà un affare se si sapranno sfruttare altre leve di sviluppo. Oggi le trivellazioni in mare rappresentano il 15% del pil norvegese ed alimentano il fondo sovrano di Oslo, il più ricco al mondo, che sta già disinvestendo nel settore. Anzi, già l’anno scorso la stessa Solberg aveva ordinato di prelevare proprio da tale fondo i soldi per salvare bilancio sostenibile e welfare. Contemporaneamente, il governo ha annunciato anche tagli alle tasse per 2,5 miliardi di euro senza pesare sullo Stato sociale. Certo, il pil soffrirà un po’ (da +1,7% a +1,6%), ma l’obiettivo a lungo termine è davvero ambizioso.

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Trivelle norvegesi tra i ghiacci delle gelide acque polari